Le Favolose, la recensione

La nostra recensione di Le Favolose, film di Roberta Torre con protagoniste le stelle della galassia trans italiana

Condividi

La recensione di Le Favolose, presentato alle Giornate degli Autori al Festival di Venezia

La realtà biografica e la finzione onirica si mescolano in Le Favolose per raccontare un tipo di violenza ai più nascosta: quella a cui sono sottoposte le persone trans che, dopo la loro morte, vengono seppellite con il loro dead name (quello precedente alla transizione) e con abiti “sbagliati”, costrette così a “morire due volte”.

Roberta Torre prende le storie vere di alcune stelle della galassia di persone trans italiana, tra cui Porpora Marcasciano, per costruire una docu-fiction in cui le confessioni alla macchina da presa si susseguono in una semplice cornice narrativa. Il film con grande semplicità usa il pretesto della denuncia per raccontare invece la vita, non la morte, costruendo ritratti empatici e sfumati che, pur nella brevità del racconto, si rivelano subito nella loro profondità.

L’occasione “costruita”, ovvero di finzione, è innestata dal ritrovamento da parte di Nicole (Nicole De Leo) di una lettera scritta anni prima da Antonia, morta violentemente sulla strada e poi seppellita vestita da uomo. Prima di aprire la lettera Nicole radunerà le amiche di una vita nella vecchia casa in cui si ritrovavano per trasformarsi, alienarsi dal mondo esterno e vivere la loro favola. Una casa fatiscente, scricchiolante, ma che in Le Favolose tramite la forza di visioni immaginarie e quella della parole si trasforma in un nostalgico teatro di vita in cui rievocare vecchi fantasmi e ricordi sbiaditi.

La cosa che colpisce di più del film è lo spirito delle sue protagoniste. Dai loro racconti personali, tutti piuttosto brevi (non si va mai davvero in profondità, ne scalfiamo soltanto la superficie) si evince molto bene la particolarità di ogni carattere, di ogni percorso, ognuno simile e insieme totalmente diverso da quello delle altre. Le protagoniste hanno in comune tanto dolore ma anche una forza quasi magica - che la Torre sottolinea tramite una musica dallo stesso respiro fatato - per come riescono a tirare fuori dai drammi più grandi una leggerezza e una gioia di vivere incantevoli.

Questa forza nel dolore è quindi la linea guida di Le Favolose, che usando soprattutto il rituale del travestimento - in una esplosione di vestiti, gioielli, che diventa come una danza di ninfe nel bosco - trova il cuore metaforico di quella gioia. Antonia è invece il personaggio meno studiato, il più evanescente: sembra più che altro una scusa per parlare di altro e non per denunciare la pratica in sé del dead name. Un’occasione mancata e che rimane un po’ troppo sospesa nelle pur buone premesse.

Per il resto, tuttavia, c'è in questo film una forza contagiosa e un ottimo respiro che riesce ad alternare i dialoghi e le parti di finzione, creando per poco più di un’ora un piccolo mondo incantato dove queste donne possono riuscire a gioire e a dire, tramite il loro corpo, quanto amano la vita.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Le Favolose? Scrivetelo nei commenti!

Vi ricordiamo che BadTaste è anche su Twitch!

Continua a leggere su BadTaste