Last Summer, la recensione

È piuttosto grave quando un film vorrebbe essere serio, darsi un tono autoriale e sofisticato, e invece non fa che oltrepassare il limite del ridicolo e del comico involontario: ma è proprio quello che succede a Last Summer di Catherine Breillat.

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La recensione di Last Summer, film di Catherine Breillat presentato in concorso a Cannes 76

È piuttosto grave quando un film vorrebbe essere serio, darsi un tono autoriale e sofisticato, e invece non fa che oltrepassare continuamente il limite del ridicolo e del comico involontario.

Succede esattamente questo a Last Summer di Catherine Breillat. Un dramma relazionale che affronta un argomento non proprio leggero - la relazione tra una donna di mezza età e il figlio minorenne del marito - con uno sguardo così vuoto e indelicato da risultare solamente pornografico, sbagliato, inutile.

Il set-up è quello del solito dramma borghese ambientato in una casa lussuosa ben illuminata dove la protagonista è un'altrettanto borghese annoiata, in crisi di mezza età, che fa qualcosa per dare una scossa alla sua vita. In questo caso si tratta di Anne (Léa Drucker), che Breillat inquadra senza nessuna idea visiva pensando di veicolare malizia (il dettaglio dei piedi ripetuto, totalmente a caso, non è proprio quello che intendiamo). Anne non ha nessun problema apparente, ama suo marito e le sue figlie, ha un lavoro di successo. Tuttavia da quando va ad abitare da loro il figlio adolescente del marito (Samuel Kircher, a dir poco monoespressivo) si sente attratta da lui e così dopo una piccola esitazione ci va a letto. Non viene costruita una dinamica di attrazione perché Anne cede subito e non lo fa per nessuna ragione se non per una meramente fisica. Un problema narrativo grosso come una casa, non solo indice di una trama mal scritta e sbilanciata ma anche di personaggi impossibili di empatia.

Da qui in poi Last Summer è un procedere senza significato di situazioni quotidiane da stereotipo francese (la gita al fiume, la festa in giardino, i giri in decappottabile) dove a fare da padrone è il sorriso vuoto e inespressivo di Léa Drucker (che ha pure battute ridicole) e, cosa peggiore di tutte, il sesso ripreso un tanto al chilo e che per forza di cose risulta semplicemente pornografico (mere riprese in continuità per far vedere quanto Anne goda).

Breillat in realtà mette il conflitto di Last Summer dentro al personaggio, o meglio, ci prova. Anne è infatti un’avvocato che vediamo occuparsi di minori in situazioni critiche (stupri, disagi domestici vari) e per questo dovremmo da noi trarre quell’incoerenza che si mostra nei suoi atti: il sesso, poi il ricatto psicologico contro un minore. Questa incoerenza è però solamente de facto, la vediamo accadere ma essendo la regia e la scrittura talmente superficiali e a-discorsivi non riusciamo a trarre in nessun modo le motivazioni profonde del personaggio, il suo stato emotivo.

Last Summer è quindi un film che vorrebbe essere molto di più di quello che è, ma è talmente incapace di andare oltre la superficie, di indagare personaggi e situazione che risulta solamente volgare e ridicolo.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Last Summer? Scrivetelo nei commenti!

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