The Last Stand - L'ultima sfida, la recensione
In una città deserta in mezzo al deserto, Arnold si mette tra un criminale e il confine con il Messico. Il resto si scrive da sè. E' però Kim Jee-Woon il fattore che cambia il risultato...
La sceneggiatura del film del ritorno di Schwarzenegger al cinema come protagonista non si inventa nulla e va a pescare nel brodo del classico i suoi ingredienti, insaporiti da anni e anni di stufatura. Un ex della narcotici, dopo eventi terribili decide di ritirarsi e fare lo sceriffo in una tranquilla cittadina di provincia estrema, in cui il massimo della trasgressione è il divieto di sosta e in cui i criminali sono amici dei poliziotti. Tutto è interrotto dal fatto che il più pericoloso e ricercato criminale del paese, fuggito dalla custodia dell'FBI, vuole sconfinare in Messico e per farlo deve passare per il suddetto paesino, eccezionalmente semivuoto perchè quasi tutti sono andati a seguire la loro squadra in trasferta. Il resto si scrive da solo.
La carta matta dell'equazione è allora Kim Jee-Woon, cineasta geniale e irrequieto che dai fasti e successi della Corea del Sud è stato aviotrasportato ad Hollywood e attaccato con la spillatrice a questo script. Il coreano di A Bittersweet Life e dell'improbabile (ma godurioso) remake manchuriano di Leone, Il buono, il matto e il cattivo, con la sua passione per il west ha letto lo script a modo suo e a costruito intorno a questa storia il contesto che fa la differenza.
Kim Jee-Woon conosce il significato del grande intrattenimento e ama il cinema che faccia ridere e appassionare il pubblico così tanto da praticarlo con il massimo della serietà. Per questo probabilmente è andato a nozze con l'idea di far muovere tutta una cittadina semideserta intorno alla più granitica delle presenze filmiche, quella di Schwarzenegger, in un film da appassionati del genere (westerne e/o azione) duri e puri. In dieci anni lui non è cambiato, e noi nemmeno.