Last Resort: la recensione della prima parte della stagione

Il commento alla prima parte della serie fantapolitica della ABC...

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Last Resort è una buona serie piena di contraddizioni. Sedutosi al tavolo da gioco con la consapevolezza di non godere dei favori della sorte, lo show ha deciso di scoprire fin da subito tutte le sue migliori carte, tirando fuori un pilot dirompente e carico di tensione, una corsa ininterrotta che ha il volto granitico del Cap. Marcus Chaplin (Andre Braugher), le mani esperte del regista Martin Campbell e la mente geniale di Shawn Ryan (The Shield). Eppure, non tutto va per il verso giusto...

Last Resort appare quasi come un elemento estraneo nella programmazione della ABC (Grey's Anatomy, Once Upon a Time, Castle). Ultimo nato in una famiglia con la quale sembra avere poco a che fare – salvo l'inconfondibile location hawaiana che per molti anni ha dato una casa ai sopravvissuti di Lost – lo show è stato dirottato verso una fascia oraria decisamente difficile, senza traino e costretto a scontrarsi con le corazzate The Big Bang Theory e Two and a Half Man. Il resto è noto: cancellato dal network insieme a 666 Park Avenue, Last Resort si concluderà con il tredicesimo episodio, giusto in tempo per poter dare alla serie una conclusione adeguata.

Colorado è il nome del sottomarino militare bloccato al largo dell'isola di Sainte Marina dopo che il suo capitano si è rifiutato di lanciare un attacco nucleare contro il Pakistan poiché l'ordine sembrava provenire da una fonte non sicura. Disertori, traditori della patria, forse vittime di una cospirazione, i membri dell'equipaggio, guidati dal Capitano Chaplin e dal Tenente Sam Kendal (Scott Speedman), lottano per sopravvivere, divisi da tensioni interne, alle prese con una sorta di despota locale, costantemente sotto la minaccia di una repressione militare, sventata per il momento solo dal proprio arsenale nucleare. Intanto, a Washington, la partita si gioca su un piano diverso.

Ad un pilot convincente e decisamente riuscito nel piazzare le varie storyline, nel presentare i vari personaggi, e nella missione di incuriosire circa il proseguimento della vicenda, Last Resort, pur mantenendosi su un buon livello generale, non è riuscito a dare seguito. Perché necessariamente la carica di tensione di questo lungo prologo ha dovuto rallentare, perché sono subentrati, per logiche fin troppo facili da intuire, triangoli sentimentali che poco hanno a che spartire con il tono della narrazione e col pubblico al quale sembra rivolgersi, perché alle ambizioni da "ampio respiro" che forse la storia avrebbe dovuto adottare, puntanto esclusivamente sulla trama orizzontale, è subentrata un'impostazione fin troppo "episodica". Insomma, considerato anche come, con premesse del genere, risulti difficile pensare ad uno sviluppo su più stagioni, forse Last Resort avrebbe avuto miglior fortuna se fosse stata concepita fin dal principio come miniserie.

Lo show rimane comunque interessante, mai noioso e, in alcuni frangenti, coraggioso nel cercare di affrontare determinante situazioni e caratteri sotto una luce diversa. Ecco, se c'è un elemento che, in contraddizione con il resto, è cresciuto positivamente rispetto al pilot, è proprio la caratterizzazione di alcune figure. La soldatessa tutta d'un pezzo di origine ispanica Pilar Cortez (Jessica Camacho), il signore della droga immotivatamente crudele Julian Serrat (Sahr Ngaujah), l'odioso COB Joseph Prosser (Robert Patrick), la moglie fedele e molto ingenua Christine Kendal (Jessy Schram, Cenerentola in OUAT), tutti questi stereotipi hanno lasciato spazio in breve a personaggi con spessore e sfumature ben più ampie rispetto a quanto inizialmente apparso. Da segnalare inoltre l'inconsueto montaggio e la scrittura (si apprezza molto il tentativo, anche se forse il risultato finale è un pò troppo confusionario) visti in "Another Fine Navy Day", nel quale vari piani temporali, diverse storyline e allucinazioni visive si fondono insieme.

Paragonata dai suoi stessi creatori a opere di ben altro calibro come Homeland e Battlestar Galactica, questa creatura così simile al suo protagonista Marcus Chaplin, granitica all'esterno ma fragile e debole all'interno, avrebbe tuttavia sicuramente meritato una maggiore fiducia e una mano migliore al tavolo da gioco...

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