The Last Of Us 1x08, "When We Are In Need": la recensione

All'episodio 1x08 Last Of Us conclude l'arco dei personaggi con un'espressione mostruosa di Ellie. La storia potrebbe finire qui e invece

Critico e giornalista cinematografico


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Spoiler Alert

La recensione dell'episodio 1x08 di The Last Of Us, disponibile su Sky e NOW

Quell’espressione di Ellie, alla fine, è uno dei rari momenti nella serialità televisiva da tornare indietro e riguardare. 
Si può immaginare, scrivere, dirigere e soprattutto interpretare un intero episodio solo per arrivare a quell’espressione lì, ed è quello che hanno immaginato Druckmann, Mazin e Ali Abbasi (che ha diretto). È quel momento in cui Ellie si ricongiunge con Joel e, passata la tensione e la furia, lentamente si rende conto che sono ancora vivi, lui è ancora vivo, e sono insieme. Come tutti i grandi momenti di recitazione non esiste una sola parola per descrivere quello che comunica quella singola espressione della durata di un secondo o poco più, quando Joel si sta levando il cappotto e Bella Ramsey ha l’idea da genio della recitazione di continuare a guardarlo, senza levargli gli occhi da dosso, incredula e attraversata da un oceano caldo di amore e una felicità che sta montando. Per quel volto che sta un secondo sullo schermo, e che tutti capiamo al volo, sono necessarie molte frasi e molti giri di parole, metafore, allegorie e similitudini. 

Gli esseri umani come veri mostri di The Last Of Us

Di fatto The Last Of Us ha messo Ellie nella condizione di passare l’ennesimo inferno personale, stavolta da sola, di andare a fondo al suo desiderio di rimanere viva, sperimentare di nuovo l’abisso dell’umanità per tornare dall’unica persona a cui sia legata, per rendere tutto questo serviva che Bella Ramsey trovasse l’espressione del viso che lo dicesse. Non solo l’affetto ritrovato ma l’adorazione pura per l’unico essere umano in una vita di mostri.

last of us 1x08

I mostri in questa serie con mostri, nella quale poi i mostri ci sono veramente poco (forse anche sotto il minimo sindacale per definirla tale), sono ovviamente gli esseri umani, The Last Of Us ce l’ha ribadito per otto episodi e lo farà anche nel nono. Stavolta c’è una comunità che preannuncia un po’ i temi della seconda stagione (o almeno quelli del secondo videogioco della serie) cioè il fatto che la mostruosità, la cattiveria e il sopruso sono un circolo che si alimenta, uno che comprende i protagonisti, i cosiddetti “buoni”. La comunità religiosa che vuole trovare e uccidere Joel è convinta di aver subito un torto da lui. In un certo senso è stata provocata e Joel di certo non è innocente. Solo che per il principio base del racconto noi seguiamo Joel e Ellie e quindi per noi sono loro i buoni.

Quando al culmine della tensione, Ellie in una pura dinamica da videogioco, sgattaiola in un diner vuoto per nascondersi, trovare un arma finalmente e attaccare l’uomo che la vuole mangiare (letteralmente!), è solo la convenzione del racconto a farci stare con lei. Ali Abbasi, regista di Holy Spider (adesso in sala) è incaricato di condurre l’episodio e lo fa benissimo, dà ad Ellie una rabbia contro i maschi, richiama gli stupri e la maniera in cui la religione attira, forza e violenta. Il pubblico odia tutto questo e quando in un’inquadratura così sincretica da essere (quella sì) cinema, Ellie è nelle fiamme, in modalità full berserk che pugnala, grida e urla tra schizzi di sangue e fuoco, c’è la massima soddisfazione e contemporaneamente l’impressione che sia tutto sbagliato. La storia poteva essere raccontata dal punto di vista di una comunità che fa di tutto per sopravvivere, si aggrappa al proprio leader e vede che una bambina lo massacra di pugnalate dando fuoco alle loro strutture. Del resto anche il titolo "When We Are In Need" da subito precisa che entrambe le parti in causa sono in una condizione di forte bisogno. Ma noi siamo con Ellie e quindi…

bella ramsey fucile

L'ottima evoluzione di Ellie

Non è difficile ricordare come solo all’inizio della serie Ellie fosse antipatica e respingente. Per diversi episodi l’hanno presentata nella maniera più spigolosa, perché fin dall’inizio il nostro è il punto di vista di Joel. L’abbiamo scoperta anche noi come lui. E di nuovo è stata clamorosa Bella Ramsey per come sia riuscita a dosare di snodo in snodo un catalogo di espressioni sempre più calde, sempre più gentili e sempre più empatiche fino a questo episodio, alla fine di questo episodio, convogliando tutto in uno sguardo tra l’incredulo e l’incapace di esprimere un sentimento potentissimo. Noi lo riconosciamo perché sembra lo sguardo di chi ha visto una divinità sulla terra, atterrito e colmo di incredulità. In questo episodio Ellie si guadagna definitivamente la nostra stima perché fa tutto da sola, si salva, è autonoma e riesce anche a curare Joel, ma si guadagna anche l’affetto con quella faccia adorante che dice: “Non lasciamoci mai più ti prego!”. O forse sta solo dicendo: “Non mi lasciare più papà!” a quello che è il vero padre e non l'altro uomo della puntata, padre di una comunità, padre che è padre anche di una bambina che non lo ha più ma che lui schiaffeggia lo stesso perché non è che se non hai un padre allora puoi essere libera dagli uomini.

Quello che è successo in questa puntata, di nuovo scritta benissimo come un episodio autoconclusivo che contiene in sé un arco narrativo, la nascita e la fine di nuovi personaggi e una maturazione (ennesima), è che il racconto di Joel ed Ellie in un certo senso è terminato. Dal punto di vista narrativo non c’è altro da aggiungere. I due si sono incontrati, hanno superato le diffidenze, si sono conquistati a vicenda, è arrivata la rottura nel momento in cui Joel ha rischiato di morire e c’è stato il grandissimo finale in cui lei ha salvato lui e alla fine si sono reincontrati cavalcando verso l’orizzonte. Fine. Non era esattamente così nel videogioco, Ellie aveva salvato Joel ma non c’era questa enfasi sulla fatica e le traversie per aiutarlo. La serie sceglie di sottolineare quanto Joel debba la sua vita a lei, cosa sia costato a lei tutto questo e quanto essere sopravvissuti in questa maniera li abbia legati perché l’uno senza l’altro non è niente.

Ora chi conosce già il finale, cioè cosa prevedibilmente accadrà nel prossimo episodio, capisce più o meno cosa abbiano avuto intenzione di costruire Druckmann e Mazin, chi invece arriva vergine si gode lo spettacolo. Beato lui.

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