Ultima notte a Soho, la recensione | Venezia 78
Last Night in Soho è la prova magnifica di un Edgar Wright che si approccia con maturità e gusto a nuove atmosfere, nuove idee e nuovi tipi di personaggi
Ci sono voluti venticinque anni passati a Soho tra pub, vecchi palazzi e vetrine patinate per far decidere ad Edgar Wright di realizzare la sua fantastica e orrorifica lettera d’amore a Londra. Last Night in Soho nonè però soltanto tutto ciò che Wright ha costruito nel tempo film dopo film, cristallizandosi nell’immaginario collettivo come l’autore a cui piace giocare con generi, cultura popolare e comicità. Last Night in Soho è infatti, per la prima volta, anche un Edgar Wright che si approccia con maturità e gusto a nuove atmosfere, nuove idee e nuovi tipi di personaggi, che mette da parte il comico (ma non l’ironia) per dedicarsi magnificamente al thriller psicologico, all’horror, al noir.
Lo sapevamo che Edgar Wright è un cinefilo incallito ma in Last Night in Soho i riferimenti assumono un tono serio e si fanno molto più sottili. Da una parte con un intreccio mistery a scatole cinesi che fa l’occhiolino alle trame hitchcockiane (co-scritto con la sceneggiatrice Krysty Wilson-Cairns), dall’altra con un’intenzione visiva sgargiante, di luci multicolor e prospettive speculari e surreali che sono una eco lontana dell’horror anni Sessanta/Settanta (Bava, Argento, ma anche Polanski). E proprio gli specchi e tutte le superfici riflettenti sono qui essenziali, sono le porte che collegano i due mondi dove si annidano mostri e fantasmi, la chiave per aprirsi al perturbante.
Last Night in Soho è un film un bellissimo perché riesce a raccontare in modo diretto, visivo e attraverso una prospettiva di genere come le immagini (nella vita, ma soprattutto nel cinema) siano allo stesso tempo sinonimo di verità e di immaginazione. Wright sa cosa deve fare e si prende tutto il tempo che gli serve per suggerire e per ingannare, sapendo perfettamente quando e come è necessario fornire allo spettatore i vari indizi senza far crollare l’intera impalcatura.
Forse è appena iniziata una nuova fase del cinema di Edgar Wright. E noi non vediamo l’ora di vedere come si trasformerà di qui in avanti.
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