Lasciati Andare, la recensione
C'è un cast di attori in grandissima forma a sorreggere Lasciati Andare, ma sotto le loro interpretazioni batte una sceneggiatura di fenomenale maturità
Proprio per questo vortice servilliano capace, magnificamente, di attirare tutta l’attenzione intorno a sé e tenerla avvinta, stupisce moltissimo come questa commedia ammirabile lo tenga a bada, lo irregimenti e anzi concepisca il proprio umorismo tutto intorno a lui, facendone il miglior uso possibile: l’uomo che prende la torta in faccia.
Esclusa qualche sporadica battuta e un paio di gag fisiche molto blande non è al suo psichiatra Elia Venezia che sta il compito di portare avanti la leggerezza del film, anzi sembra fare di tutto per professarsi fuori dal campo del risibile. È semmai l’incredibile Veronica Echegui il motore del film, presenza elettrica ed esaltante, personal trainer che si impone nella vita del pigro intellettuale quando viene obbligato dal medico a fare del moto. Non c’è scena che quest’attrice spagnola (che per il film sfoggia un fenomenale romano-spagnolo da antologia) non illumini e non animi di pura forza filmica, una vera scoperta. Ogni battuta e ogni incomprensione da lei sbandierate si animano di quell’irresistibile patina esilarante che hanno le vere imprevedibili incomprensioni, ogni guaio in cui trascina il professore tirandolo fuori dalla sua vita tranquilla sembra un aneddoto più che un invenzione. Un po' caotico, un po' assurdo.
Tutto questo basterebbe (e avanzerebbe!) per fare di Lasciati Andare un film godibilissimo, diretto con l’equilibrio migliore da Francesco Amato, eppure c’è anche un po’ di più.
La sceneggiatura di Francesco Bruni e Davide Lantieri nonostante non abbia alcuna ritrosia a sporcarsi le mani nell’ultima parte con un po’ di macchietta pura (gioielli rubati da recuperare con l’ipnosi psichiatrica e le botte in testa), è anche capace con poche scene non solo di disegnare un piccolo mondo intorno ad Elia fatto dalla comunità ebraica che accresce il senso di isolamento retrogrado del protagonista (l’ambiente che caratterizza il personaggio), ma anche di lambire tutte le svolte più prevedibili senza finirci mai dentro, usare il pregiudizio dello spettatore su quel che accadrà tra il vecchio intellettuale austero e la giovane eccitante ed atletica per non essere mai prevedibile fino in fondo. Anche quando gli eventi vanno come si può immaginare in realtà non ci vanno mai veramente, iniettando nel film una sorta di umana ed irrisolta difficoltà ad arrivare dove si vorrebbe. Nonostante a tratti i personaggi sembrino desiderarlo gli sceneggiatori fanno in modo che manchino regolarmente l’appuntamento con gli esiti più triti. Come le vite reali (cioè quelle degli spettatori) anche quelle di questi personaggi non riescono ad essere davvero semplici come negli altri film.