Lasciami Entrare

Un adolescente incontra una strana ragazza, che si rivelerà essere un vampiro. Straordinario horror svedese, che ci propone uno sguardo diverso a un tema inflazionatissimo...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloLasciami entrareRegiaThomas Alfredson
Voci originali
Kåre Hedebrant, Lina Leandersson, Per Ragnar, Henrik Dahl, Karin Bergquist, Peter CarlbergUscita9 gennaio 2008 La scheda del film

Per chi se la fosse persa quando è uscita come Final cut qui, riproponiamo la recensione di Lasciami entrare:

Iniziamo dalle basi: Let the Right One In (titolo inglese dell'originale Låt den rätte komma in, in italiano sarà Lasciami entrare) è un film horror? In teoria, sicuramente sì, considerando che ci sono vampiri, omicidi e un bel po' di sangue (versato in vario modo, non sempre prevedibile). Ma, in realtà, si tratta di un film sull'infanzia e su una coppia di bambini (anche se una ha dodici anni "da tanto tempo", un po' come i protagonisti di Twilight) che non sfigurerebbe assolutamente accanto a I figli della violenza, I quattrocento colpi o Lo spirito dell'alveare, tutti classici del 'genere'. Insomma, l'impressione è che, se François Truffaut avesse fatto nella sua vita un horror, forse non sarebbe stato molto diverso da questo film.

Tra le tante cose che convincono, la struttura della storia. Non siamo di fronte al solito, banale horror formulaico in tre atti, in cui tutto è sostanzialmente prevedibile e già visto. L'ottimo John Ajvide Lindqvist, autore della sceneggiatura, nonché del romanzo da cui è tratto il film, sembra essere più interessato alla creazione di un rapporto forte e commovente tra i due ragazzini, piuttosto che a sgozzamenti e a torture varie. Inoltre, spicca un grande senso di ambiguità nei due protagonisti: cosa ha fatto lei per ottenere tanti soldi? E lui, effettivamente, vorrebbe uccidere? Il padre di lei era effettivamente tale? Per non parlare del finale: è positivo? Ne siamo proprio sicuri? In tutto questo, esce un ritratto di una certa società svedese di provincia tutt'altro che entusiasmante, tra assenza delle famiglie, persone sole e un clima francamente insopportabile.

Per fortuna, il regista Tomas Alfredson è assolutamente in grado di controllare una materia così delicata, con scelte particolarmente felici. Penso all'ampio uso di camera fissa, che lungi dallo stancare lo spettatore, lo 'blocca' in questo ambiente e gli fa provare un insopportabile senso di claustrofobia. Inoltre, si avverte un'ottima composizione dell'inquadratura (la scena nello spogliatoio maschile, le due finestre congiunte delle case dei ragazzini), così come è encomiabile l'assenza di tagli rapidi al montaggio per creare effettacci di paura gratuiti. In effetti, non ci sono delle scene platealmente atroci, ma tante che suscitano un forte effetto (per esempio, la protagonista che lecca il sangue sul pavimento o la costruzione avvincente della scena coi gatti). Inoltre, la fotografia con i colori smunti e quasi in bianco e nero (opera di Hoyte Van Hoytema) è la soluzione migliore possibile per un prodotto del genere.

Ovviamente, in tutto questo erano fondamentali due interpreti protagonisti che risultassero allo stesso tempo naturali e incisivi. Se il ragazzo, Kåre Hedebrant, è inquietante quando sperimenta i suoi tentativi di vendetta, l'interpretazione di Lina Leandersson fa veramente paura, proprio perché esprime perfettamente il dramma di dover uccidere per sopravvivere, con degli occhi assolutamente penetranti e commoventi. Il rapporto tra i due è talmente bello che, quando si arriva finalmente al payoff che chiude in maniera perfetta le varie vicende, viene voglia di applaudire.

Anche perché, lo diciamo con forte rammarico, un film del genere in Italia è impossibile, a meno di non voler subire interrogazioni parlamentari e reprimende del Vaticano. Speriamo invece che il remake americano sia all'altezza. Ma francamente non ci spero troppo...

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