L'arte della gioia, la recensione di tutti gli episodi | Cannes 77
Finalmente L'arte della gioia propone un racconto seriale femminile dotato della medesima complessità postmoderna di quelli maschili
La recensione di L'arte della gioia, la serie diretta da Valeria Golino che è stata presentata a Cannes, andrà al cinema in due battute e poi sarà su Sky
Modesta, la protagonista, non è un’eroina nel senso classico o moderno, ma postmoderno, quindi un’antieroina della serialità televisiva, quel tipo di personaggio che solitamente è maschile. Le sue azioni non sono morali, la sua visione del mondo non è limpida e nemmeno i suoi obiettivi sono edificanti, nondimeno è la nostra protagonista e noi seguiamo la sua strada, lastricata di morti, sentimenti calpestati e persone deluse, fino al riscatto di una condizione sociale iniziale ingrata. La commistione tra molti dei temi e delle questioni cruciali dei romanzi rosa e l’atteggiamento sfrontato postmoderno e combattivo di Modesta, sono il punto di L’arte della gioia, quello che la rende la prima serie di prestige television italiana a tentare un racconto femminile (cioè in cui una donna è al centro e non di lato) di pari audacia rispetto a quelli maschili.
Come per i grandi romanzi anche questo racconto procede per fasi diverse che approfondiscono aspetti diversi sia dell’ambientazione che proprio della parabola di Modesta (l’educazione, gli amori fasulli, la strategia, l’amore reale…). Valeria Golino filma tutte queste fasi con stili, luci e soluzioni diverse, facendo un grandissimo lavoro sulla doppiezza. La caratteristica stereotipica dei personaggi femminili, diventa qui la maniera in cui funziona tutto quel mondo, quello in cui i non detti sono i veri detti e le falsità sono rese necessarie dal dover interpretare sempre un personaggio per ottenere quello che si vuole. La badessa di Jasmine Trinca, Modesta stessa (bravissima Tecla Insolia), la figlia del gran nobildonna, anche il fattore burbero di Guido Caprino, sono tutti qualcosa davanti agli altri e qualcos’altro in privato, tengono una maschera e interpretano il ruolo che la società assegna loro per poter prosperare. Solo Modesta non ci sta e continua a cambiare personaggio, per avanzare.
Ed è il sesso a far cadere queste maschere. Tutta l’idea di fondo di L’arte della gioia è che l’attrattiva di Modesta, quindi quella di una donna bella e intelligente, una che la sua potenza sessuale la sa usare senza dover subire lo sguardo maschile, riveli la verità intorno a lei. Nonostante infatti lei non faccia che mentire e tramare, nonostante sia un artista del doppio gioco e della manipolazione delle persone, il sesso che sa usare le apre le porte degli intrighi a sua volta, le mostra le persone per quello che sono e in certi casi le svela anche la verità su se stessa, sul passato di alcuni personaggi e sul mondo che la circonda. Il sesso diventa così uno strumento di conoscenza, non solo dell’altro, ma proprio della società, uno strumento di conquista culturale (per quanto non intellettuale) in una società che altrimenti proibisce alle donne qualsiasi altra possibilità.