L'Aquila 3.32, la recensione
Recensione di L'Aquila, volume targato BeccoGiallo che racconta in maniera diversa e profonda la tragedia del terremoto
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Attorno a Giulia, che ha perso un fidanzato a cui non ha fatto in tempo a dire qualcosa di importante e ora deve fare i conti con la sua memoria e con l'impossibilità di essere sincera fino in fondo, c'è un'umanità quotidiana che di quotidiano non ha più nulla e vive ostaggio di una realtà sostitutiva immobile e inadeguata, dell'arroganza di chi pensa di avere le risposte a portata di mano quando la semplicità è perduta e dimenticata, di quella di chi ha qualcosa da guadagnare dalle disgrazie altrui e infine dei ricordi, che pesano più dei muri crollati del centro. L'Aquila 3.32 racconta le storie di queste vite ferite che si intrecciano, rivelando allo sguardo di Francesca, giovane collaboratrice della Protezione Civile, che niente è come sembra se si ha la pazienza e il coraggio di guardare al di sotto delle macerie.
Applausi anche per il disegnatore Nicolò Fila che, con uno stile di disegno dagli echi manga e una notevole capacità di connotare gli spazi e restituirceli sulla tavola, riesce ad alleggerire senza banalizzare un fumetto che vuole colpire senza far male, che vuole essere sincero senza fare sensazionalismo, che vuole raccontare una storia, tante storie, e dipingere un affresco che tendiamo a dimenticare o a dare per scontato. Perché il terremoto è lontano e le polveri sono posate, la memoria è corta e le notizie sono altre. Per fortuna c'è questo bel volume edito da BeccoGiallo a ricordarci che ci sono Aquilani che non si arrendono, perché a cinque anni di distanza c'è ancora una battaglia da combattere.