L'apparenza delle cose, la recensione
L'apparenza delle cose è un film privo di intelligenza creativa ed emotiva, confuso negli intenti e approssimativo nella messa in scena.
È molto confuso nelle intenzioni e piuttosto sgraziato anche nella forma L’apparenza delle cose, dramma thriller/horror scritto e diretto dai due coniugi Shari Springer Berman e Robert Pulcini.
Il film è la storia di Catherine (Amanda Seyfried) e George (James Norton), una giovane coppia sposata che si trasferisce da Manhattan in campagna dopo che George ha ottenuto la cattedra di storia dell’arte a un college privato. Catherine, restauratrice, rinuncia al lavoro dei suoi sogni per assecondare il marito. La casa in cui si trasferiscono rivela però presenze paranormali, le quali, unite al comportamento sempre più ambiguo di George, contribuiranno a determinare una crisi coniugale e umana dalle sembianze sempre più oscure.
Se George, man mano che la storia procede, non fa che diventare sempre più insopportabile, animato da un vago narcisismo patologico e mero prototipo dell’uomo predatore, Catherine è soltanto la vittima sacrificale di un odio maschile: non una persona con una sua dignità narrativa ma un simbolo utile solo a mettere in evidenza la pochezza dell’altro. Non un certo un bel modo per raccontare una donna vittima di abusi fisici e psicologici, soprattutto dal momento in cui, proprio alla fine, il film sembra professarsi come un monumento metaforico a tutte le persone che di quei mali hanno davvero sofferto, mentre facendo spallucce riesce solo a dire che “è così che va il mondo”.
Senza tatto e senza idee, L’apparenza delle cose ha un forte problema comunicativo forse più grave di quello che sembra. Non si tratta di una povertà di proposte - che anzi sono troppe - ma proprio di una mancanza di intelligenza emotiva e creativa, che sappia fare una scelta di campo per poi dedicarcisi, dando un senso alle proprie scelte. Quella di Berman e Pulcini non è ingenuità, ma la smania autoriale di chi vuole strafare e che invece, tra le mani, non stringe proprio niente.
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