L'Angelo Del Crimine, la recensione
La storia del vero criminale ragazzino fuori da ogni canone in L'angelo del crimine diventa un film ambiguo nei suoi momenti migliori
Il problema è che Carlos, il protagonista, è anche molto difficile da conoscere. È difficile capire come ragioni, che obiettivi abbia e cosa gli passi per la testa. Questo fa sì che ogni sua decisione sia davvero imprevedibile e crei una certa tensione. Di conseguenza anche l’arco narrativo e la parte sentimentale non possono somigliare a quello che già conosciamo. L’altro lato della medaglia è che facciamo anche un’indubbia difficoltà a stare dalla sua parte. Non è quindi difficile odiare Carlos per quanto sia epidermicamente fastidioso con il suo atteggiamento strafottente e al di sopra di tutto. Invece di provare pena per la sua sensibilità soffocata sì finisce ad odiare la sua idiozia. È chiaro che abbia un mondo interiore strano e particolare ma è troppo fiducioso in se stesso e ha troppa sufficienza senza alcuna qualità per essere davvero un protagonista cui teniamo.
La sensazione è aiutata dall’ottimo comparto musiche come spesso avviene nei film argentini d’epoca, in cui le consuete straordinarie canzoni d’epoca (quasi sempre classici del rock in versione spagnola) si mescolano ad uno score per nulla banale.
Alla fine di questo film diretto con una liscia e levigata sicurezza non riesce ad essere chiaro a cosa sia esattamente che abbiamo assistito, se alla nascita di un nuovo tipo di criminale, a quella di un serial killer o alla morte di un adolescente come gli altri.