Dampyr 164: Lamiah vive!, la recensione
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Sono passati tredici anni, un'infinità, da quando nel dicembre del 2000 uscì in edicola il nono albo di Dampyr che raccontava del Maestro della Notte che sarebbe diventato uno dei più amati di sempre: Lamiah.
Dopo lunga attesa e insistente richiesta ritornano il personaggio e il suo creatore, Maurizio Colombo (co-autore insieme a Mauro Boselli della serie), anch'egli assente da anni dalla testata vampiresca Bonelli, sette per la precisione. I disegni, come allora sono ancora di Mario Rossi (Majo).
Il racconto riparte esattamente dove era stato interrotto, quando Harlan dopo aver sconfitto il nemico comune, il Maestro della Notte Shrek (responsabile della trasformazione di Tesla in non-morta), decide di lasciare una possibilità di fuga a Lamiah e non scontrarsi con questa. Il protagonista e Tesla, ora insieme anche a Kurjak, tornano a Berlino su richiesta di aiuto di un'altra figura nota di Dampyr n° 9, Hans Senzaterra, il simpatico leader dei clochard che vivono nella metropolitana della capitale tedesca. Stavolta non è un vampiro la minaccia per i senzatetto, ma qualcosa di più sinistro e meschino, una società segreta di ideologia e origine nazista.
Non era tuttavia semplice riprendere in mano dopo così tanto tempo un personaggio tra i più amati della testata e confrontarsi con uno degli albi più graditi dell'intera serie regolare. Colombo e Majo avranno altre occasioni per riproporre un Maestro della Notte che ha lasciato un segno indelebile di affetto nel suo pubblico, ogni fan di Dampyr se lo augura.