L’abbinamento perfetto, la recensione
Vuoto e privo di idee, L’abbinamento perfetto è un film che, per sua stessa volontà, cade immediatamente nel dimenticatoio.
Che senso ha incentrare un film sull’amore per l’enologia se poi, di vino, praticamente non si parla? Insapore e anonimo, L’abbinamento perfetto è un infatti un film romantico costruito solamente per luoghi comuni, frasi fatte (effettivamente uno dei personaggi parla per citazioni “alla Pinterest”) che, annacquato da un sentimentalismo superficiale e inefficace, non riesce né a raccontare in modo convincente una storia né a comunicare alcun amore per il suo stesso tema.
Se anche lontanamente pensavate di ritrovare in questo film di Stuart McDonald qualcosa di Sideways o di Un’ottima annata, mettetevi il cuore in pace: non ci siamo proprio. Diversamente dai precedenti, il vino qui è solo una scusa di partenza per innestare una storia d’amore mal scritta e ingessata, riempita di bei tramonti in alta definizione e un qualunquismo plateale. Sotto la sua superficie patinata, L’abbinamento perfetto non nasconde nulla: non ha infatti né l’intelligenza di scrittura (sopraffina nel film di Alexander Payne) né la capacità di funzionale e creativo generalismo (Un’ottima annata) che gli servono anche solo per lasciare un buon ricordo.
Vuoto e privo di idee, L’abbinamento perfetto è un film che, per sua stessa volontà, cade immediatamente nel dimenticatoio.
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