L’abbinamento perfetto, la recensione

Vuoto e privo di idee, L’abbinamento perfetto è un film che, per sua stessa volontà, cade immediatamente nel dimenticatoio.

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La nostra recensione di L'abbinamento perfetto, su Netflix dal 19 maggio

Che senso ha incentrare un film sull’amore per l’enologia se poi, di vino, praticamente non si parla? Insapore e anonimo, L’abbinamento perfetto è un infatti un film romantico costruito solamente per luoghi comuni, frasi fatte (effettivamente uno dei personaggi parla per citazioni “alla Pinterest”) che, annacquato da un sentimentalismo superficiale e inefficace, non riesce né a raccontare in modo convincente una storia né a comunicare alcun amore per il suo stesso tema.

L’abbinamento perfetto racconta a tinte rosa di una sommelier e manager californiana, Lola (Victoria Justice), che dopo essersi licenziata dalla lussuosa e cattiva società di export di vini per cui lavora decide di mettersi in proprio: fatte subito le valigie, vola in Australia per cercare di accaparrarsi il vino di un’illustre famiglia produttrice. Incontrate le resistenze della proprietaria, Lola pur di restare e dimostrare la sua determinazione si mette a fare il lavoro duro nel ranch guidata dall’affascinante ma taciturno Max (Adam Demos). Nel bellissimo e perfettissimo podere australiano, va da sé, la protagonista troverà se stessa, l’amore… e ovviamente un ottimo affare.

Se anche lontanamente pensavate di ritrovare in questo film di Stuart McDonald qualcosa di Sideways o di Un’ottima annata, mettetevi il cuore in pace: non ci siamo proprio. Diversamente dai precedenti, il vino qui è solo una scusa di partenza per innestare una storia d’amore mal scritta e ingessata, riempita di bei tramonti in alta definizione e un qualunquismo plateale. Sotto la sua superficie patinata, L’abbinamento perfetto non nasconde nulla: non ha infatti né l’intelligenza di scrittura (sopraffina nel film di Alexander Payne) né la capacità di funzionale e creativo generalismo (Un’ottima annata) che gli servono anche solo per lasciare un buon ricordo.

Chiaramente pensato e costruito per un pubblico vasto, L’abbinamento perfetto confonde infatti la semplicità con la pedissequa applicazione dei cliché del genere, riuscendo tra l’altro a creare incongruenze sui pur banali archi dei personaggi che descrive (un momento centrale del film è proprio senza senso rispetto agli eventi precedenti). Non solo, infatti, la protagonista parla di vino soltanto una volta, e pure con una faciloneria che non ha nulla del professionismo che ci vorrebbe raccontare (una scena decisamente imbarazzante): è anche la struttura portante del film, quella di film romantico, che proprio non regge logicamente.

Vuoto e privo di idee, L’abbinamento perfetto è un film che, per sua stessa volontà, cade immediatamente nel dimenticatoio.

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