La vita straordinaria di David Copperfield, la recensione
La recensione di La vita straordinaria di David Copperfield, adattamento di Armando Iannucci del classico di Charles Dickens
A poca distanza da Piccole Donne ed Enola Holmes, la rivisitazione di iconici personaggi letterari ottocenteschi si affaccia ancora al cinema con La vita straordinaria di David Copperfield del regista inglese Armando Iannucci. Dopo l’esilarante e ottimo Morto Stalin se ne fa un altro e la sua fantastoria, Iannucci si misura ora - con risultati decisamente meno soddisfacenti - con la ‘fantaletteratura’, proponendo un adattamento del classico di Charles Dickens dal tono comico e che punta tutte le sue carte sullo stupore visivo e su un andamento narrativo il più coinvolgente possibile.
Se la via dell’eclettismo e della stravaganza delle scenografie, dei costumi e della stessa recitazione riescono ad appagare l’occhio, d’altra parte il ritmo galoppante della storia crea un estenuante effetto capogiro, proponendo sì bellissimi quadretti surreali - ben disposti, illuminati, messi in scena - ma che davvero non abbiamo il tempo di ammirare, perché vengono continuamente sostituiti uno dopo l’altro, quasi stessimo perdendo un treno e dovessimo far entrare tutto a forza entro le due ore di durata. In tutto questo va a perdere anche la comicità, che non dosandosi nel tempo a sua disposizione perde le innumerevoli occasioni di far brillare i personaggi (di un cast d’eccezione) e le sue situazioni surreali. Davvero non si capisce il perché di tutta questa fretta che uccide il respiro della storia, che crea soltanto un continuo senso di frustrazione verso ciò che si sta vedendo (hai sempre il dubbio se sei tu che non hai colto certi passaggi o se è invece il film a non averli spiegati abbastanza chiaramente).