La vita davanti a sé, la recensione
Senza nessuna forma di adattamento alla modernità, La vita davanti a sé, è adattato con il massimo della pigrizia e risulta fuori dal tempo
Il film di Edoardo Ponti (il secondo tratto da quel romanzo, il terzo con sua madre protagonista su 7 totali, corti inclusi) è più o meno sulla stessa linea d’onda, un viaggio indietro nel tempo a un’altra epoca che non ha nessun fascino vintage né alcuna consapevolezza di essere retrodatato rispetto al presente.
È il ruolo della protagonista, madame Rosa, la donna passata per l’olocausto che dopo una vita di prostituzione ospita in casa e si occupa crescere bambini orfani a essere una bomba kitsch che il film gestisce in modi maldestri, cavalcando il binomio madre/prostituta come se non fosse stato quasi l’unico asse sul quale il cinema italiano ha dipinto le donne per 60 anni e più. E così, una volta presentati i personaggi, La vita davanti a sé non riesce mai a trovare il modo di rendere dinamico uno storytelling asfittico che non risparmia nessuna bassezza andando dritto al suo obiettivo: commuovere, commuovere, commuovere.
Raramente un obiettivo così palese e così ricercato è stato perseguito in modo così elementare.
L’unico cambio che sembrava promettere era quello di location, non un quartiere multietnico di Belleville ma la Bari multirazziale, tuttavia (di nuovo) è solo un calco. Aver spostato la storia altrove non incide minimamente sul senso, sulle interazioni o sulle identità dei personaggi. Incide solo sull’accento.
Quel che si comprende vedendo La vita davanti a sé è solo il potere del divismo di Sophia Loren, in teoria tramontato ma nella pratica sempre pronto a riaccendersi. A mano a mano che avanza questo film di anziani che fanno gli anziani (e messa in scena e scrittura peggiorano il tutto indugiando su di loro con una condiscendenza programmatica, fastidiosa e agiografica), il protagonista è sempre meno il bambino e sempre più lei, madame Rosa. Anche nei momenti più tragici tutta l'attenzione è su di lei, finendo così inevitabilmente per spostare l’asse del racconto sulla parte meno dinamica della storia. E per quanto rimanga impressionante la capacità di Sophia Loren di riempire il fotogramma anche facendo poco, anche con l’ordinario, non è comunque sufficiente a mettere in pista un film che punta tutto su di lei ma sembra non averglielo detto.
Sei d'accordo con la nostra recensione di La vita davanti a sé? Scrivicelo nei commenti dopo aver visto il film su Netflix a partire dal 13 novembre