La Tomba degli Imperi, la recensione

Alla collana Zeta, dedicata interamente al mondo degli zombie, viene ad aggiungersi il titolo firmato da Mark Sable e Paul Azaceta: La Tomba degli Imperi

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Alla collana Zeta, dedicata interamente da Saldapress al tema zombie in ogni sua declinazione, emblematicamente rappresentata dal capolavoro The Walking Dead di Robert Kirkman, si aggiunge La Tomba degli Imperi, volume autoconclusivo firmato da Mark Sable e Paul Azaceta. La casa editrice emiliana ha ormai intessuto un filo privilegiato con la Image Comics, portando in Italia moltissime opere tra le più interessanti della major statunitense, leader dei prodotti creator-owned.

La Tomba degli Imperi è un progetto impegnato e sorprendente. Come si legge nella postfazione di Sable, è “un segno di rispetto verso coloro che si sono sacrificati per combattere e per tornare a casa a raccontare la loro lotta”, in un inferno aggiungiamo noi, che non ha bisogno di mostri per risultare ancora più terrificante di ciò che è stato nel mondo reale.

Le 30 pagine di apertura scioccano il lettore, non per i contenuti horror ma per la crudezza e la veracità delle scene di guerriglia e quotidianità di una base americana in Afghanistan. Quelli che dovrebbero essere i protagonisti della scena fanno la loro comparsa solo nella raccapricciante splash-page alla fine dell'albo introduttivo della miniserie originale in quattro spillati, Graveyard of Empires.

Questo stile verista si conserva per tutta la storia con effetti contrapposti. Se vogliamo, sottrae una buona dose di adrenalina al genere narrativo ma conferisce uno straordinario effetto cronaca, soffermandosi sui risvolti più imbarazzanti del conflitto senza risparmiare nessuno. La natura stessa dei morti viventi non è per nulla misteriosa o inspiegabile, ha le sue radici e giustificazioni, se ha senso parlare di giustificazioni, nelle regole stesse del conflitto in cui vale ogni mossa, la più squallida; i principi dell'Islam da parte talebana e i protocolli militari e legali da parte americana, vengono ignorati e calpestati alla bisogna. Ironia della sorte, i due schieramenti si ritroveranno a combattere assieme stuoli di cadaveri che tornano in vita, avanzi macilenti di sterminati eserciti che hanno devastato quelle terre, crocevia dell'Asia centrale, dai soldati di Alessandro Magno all'Armata Rossa.

La sensazione finale è una documentata e dettagliata cronaca bellica, un graffiante reportage, un campionario di situazioni tipo in un villaggio disperso su confini tra i più pericolosi al mondo. La sceneggiatura e i personaggi piuttosto stereotipati, influenzati indubbiamente da pellicole capolavoro come Apocalypse Now di Francis Ford Coppola, Platoon di Oliver Stone, Full Metal Jacket di Stanley Kubrick, non brillano per genuinità; ma la trama offre comunque ottimi momenti di azioni e thriller. L'elemento di forza emergente è senza esitazioni la potenza espressiva, la naturalezza dell'estro di Azaceta nel risolvere la vignetta più banale in qualcosa di intrigante. Nel breve epilogo che chiude il volume, Cerchio, debutta anche come autore completo. Magistrale è poi la sua copertina del primo numero, ripresa sul brossurato di saldaPress; da sola racchiude l'essenza di questa intensa graphic novel.

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