La storia di Lisey: la recensione

Si può sbagliare un adattamento per troppo affetto rispetto al materiale originale? È quel che è successo con La storia di Lisey

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La storia di Lisey: la recensione

Se c'è una cosa che non manca a La storia di Lisey, è l'affetto per l'universo di Stephen King e per le caratteristiche delle sue storie. E non è una sorpresa, considerato il fatto che lo stesso scrittore è stato attivamente coinvolto nella scrittura della miniserie televisiva. Ma si può sbagliare per troppo affetto? Probabilmente sì, considerato che questo è quel che è accaduto qui. La storia di Lisey è un parco giochi, ma di quelli piuttosto deprimenti, che raccoglie tanti elementi ricorrenti della poetica kinghiana, ma senza la forza e il coraggio necessari a rielaborarli. Risultato è un adattamento annacquato, dal ritmo e dalla narrazione confusa.

La protagonista della serie è Lisey Landon (Julienne Moore), moglie del celebre scrittore Scott (Clive Owen), recentemente ucciso. Ha due sorelle, Daria e Amanda (Jennifer Jason Leigh e Joan Allen), di cui la seconda affetta da problemi mentali. C'è un professore deciso a pubblicare gli inediti di Landon, ai quali tuttavia Lisey non vuole dare accesso, e c'è Jim (Dane DeHaan), uno squilibrato fan di Scott, che è deciso a ottenere quegli scritti a tutti i costi. E, tanto per calare ancora di più tutto nella dimensione kinghiana, ci sono storie di padri violenti e c'è una dimensione fantastica che si chiama Boo'ya Moon e che diventa rifugio e ispirazione dello scrittore.

Innanzitutto, La storia di Lisey è un racconto costruito in prospettiva. Ciò che doveva accadere è già accaduto, informazioni che dovevano essere condivise lo sono state già, e la storia è raccontata come un flusso di immagini in cui eventi passati e presenti si confondono e sovrappongono. La storia asseconda una logica interna, fatta di sensazioni e ricordi piuttosto che del normale fluire degli eventi. Arriverà la consapevolezza, che per lo spettatore significa raggiungere Lisey e la sua singolare elaborazione del lutto, ma forse sarà troppo tardi a quel punto.

Da sempre i dialoghi di Stephen King funzionano meglio su carta che su pellicola, e La storia di Lisey non fa eccezione. Tutto è esagerato e sopra le righe e, che sia una citazione a caso dalla Torre Nera o un getto d'acqua sparato da una bocca all'altra, la serie non riesce a gestire con un filtro e un tono adeguato tutto ciò che mette in scena. Che sia un trauma familiare spalmato su otto episodi e che sembra ricalcato da Frailty o scene di violenza gratuita e fastidiosa che non avranno risvolti psicologici, la serie procede con un ritmo confuso e senza che la regia di Pablo Larrain (non esattamente l'ultimo arrivato) riesca a suggerire una lettura diversa da quel che vediamo.

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