La storia delle mie tette, la recensione

La Storia Delle Mie Tette, graphic novel di Jennifer Hayden candidata all'Eisner, è una splendida sorpresa sotto tutti i punti di vista

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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La collana Psycho Pop curata da Micol Beltramini e pubblicata da Edizioni BD propone al mercato italiano l'ennesima perla: La storia delle mie tette, graphic novel di Jennifer Hayden candidata a un premio Eisner Award e splendida sorpresa sotto tutti i punti di vista.

Story of My Tits, questo il titolo originale, pubblicato negli States da IDW/Top Shelf, è una biografia esemplare e al contempo unica, un lungo percorso dall'età dell'innocenza a quella adulta, attraverso le gioie e i dolori che contraddistinguono gli stadi più importanti della nostra esistenza. Frutto di un lavoro di otto anni, esprime il meglio del talento della sua autrice, con un passato alle spalle di scrittrice e illustratrice di libri per bambini.

Dalla nascita al presente, sono raccontate in modo autoironico, caustico e irriverente l'adolescenza, la pubertà, la scoperta e la coscienza del proprio corpo, la sua maturazione, fino alla maternità, passando per la malattia e giungendo alla vittoria su questa.

La trama è costruita in modo intelligente, onesto, divertente e spietato attorno a un personaggio principale insolito: con una sorta di curiosa sineddoche, per mezzo del proprio seno la Hayden ci parla di sé, della paura che non cresca mai, del suo lento fiorire, della sua prosperità e poi della perdita e della ricostruzione.

La storia delle mie tette è anche una saga epica, perché è il resoconto di una battaglia eroica di ben tre donne contro il tumore, un nemico che mette i brividi solo a nominarlo e che non fa sconti alla protagonista, alla madre e alla suocera.

Stile, linguaggio, sceneggiatura e disegni sono frizzanti ed equilibrano con estremo mestiere leggerezza e drammaticità. Il tratto è una rielaborazione personale della caratteristica striscia americana, più curata, densa, visionaria, con richiami al ritmo cinematografico e alla moderna sit-com. Realismo e surrealismo si mescolano e inseguono, a turno sorreggono la vicenda quando il tema di volta involta lo richiede.

Si ride, ci si commuove e si riflette, ma questa volta non divorerete d'un fiato il volume. Questo vale soprattutto per quel pubblico già colpito e purtroppo segnato da una grande sofferenza; sarà impossibile evitare il confronto e l'immedesimazione con ciò che si legge. E costoro, malgrado tutto, ameranno ancor di più quest'opera dolce e amara, gelida e bruciante. Come la vita.

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