La spaventosa paura di Epiphanie Frayeur, la recensione
Abbiamo recensito per voi La spaventosa paura di Epiphanie Frayeur, edito da Tunué
Parlando della paura e di tutti quei disturbi emotivi che lasciano emergere la parte più fragile della natura umana, è difficile rappresentare in modo efficace - e non didascalico - un momento di smarrimento fortemente personale. Perché le nostre fobie, pur derivando spesso da un'origine condivisa (basti pensare alla paura del buio, dell'invecchiamento, dell'abbandono e delle malattie), vengono declinate da ogni essere umano in maniera differente e non facilmente comprensibile appieno dall'esterno. Allo stesso modo, è difficile incasellare le emozioni - irrazionali per definizione - sotto il profilo razionale rendendole di difficile spiegazione, facendo sentire colui che le prova ancora più solo e diverso.
Il modo in cui gli autori raccontano la Paura che, passo dopo passo, accompagna letteralmente Epiphanie, non solo è efficace dal punto di vista dello sviluppo della storia, ma riesce anche ad andare oltre il velo della finzione trattando direttamente le sue diverse componenti: il blocco emotivo, i sintomi visibili sul corpo e tutte le varie figure che, nel corso del tempo, entrano ed escono dalla vita di chi ne è vittima.
Uno dei momenti fondamentali della crescita è quello in cui smettiamo di essere delle entità indipendenti e iniziamo a rapportarci con il mondo che ci circonda. Allo stesso modo, Epiphanie (un nome non casuale) attraversa una fitta foresta verso una destinazione di cui conosce solo il nome, dove si augura di poter guarire dalla paura. I suoi sentimenti, in realtà, riassumono perfettamente tutta quella serie di conflitti che scaturiscono dall'inizio dell'adolescenza, quando lentamente si inizia a prendere coscienza del fatto che la vita non sia statica ed eterna come si immagina da bambini e che esista un futuro potenzialmente spaventoso.
Ognuno dei comprimari che incontrerà Epiphanie le proporrà la propria ricetta per la salvezza, interpretando quelle figure (professionali e non) che gratteranno la superficie della paura, guardando ai sintomi e alle conseguenze della stessa.
I disegni di Lefèvre coinvolgono con figure apparentemente semplici e dotate di caratteristiche chiave ben riconoscibili, molto diverse l'una dall'altra. In particolare, è incredibile come la Paura possa cambiare dimensione e forma con estrema naturalezza, durante il racconto, rispecchiando puntualmente le emozioni della ragazzina e di chi le sta intorno senza appesantire la narrazione.
Ciò che colpisce maggiormente del volume finalista al Premio Andersen 2018 (il più prestigioso riconoscimento italiano destinato ai libri per ragazzi) è la sua profondità. Gli autori trattano l'immobilismo e le relazioni interpersonali con un rispetto assoluto, mettendosi sempre dal lato di chi sta soffrendo e non vede una via d'uscita. Tutto questo, però, non viene mai rappresentato con disperazione e angoscia, anzi: i colori della fiaba mantengono il tenore della storia con il viso libero di respirare, senza cedere all'opprimente senso di paura.
Il finale, senza svelare nulla, è una sequenza di immagini che andrebbero mostrate a chiunque faccia conoscenza per la prima volta con il proprio lato più oscuro.
Questo viaggio alla scoperta di sé si pone nella dimensione favolistica e immaginifica, confermando come la collana Tipitondi sia realmente adatta a tutte le età e ai diversi palati dei lettori. Dopo L'Uomo Montagna, Gauthier conferma ancora una volta la sua abilità di sceneggiatrice tessendo una storia poetica ed emozionante, e insieme a Lefèvre racconta quel concetto chiave che non andrebbe mai dimenticato, a prescindere dall'età: siamo tutti uguali di fronte alle nostre paure.