La Prima Pietra, la recensione
Poteva essere una storia decisamente più spietata come la sua trama lascia intuire e invece La Prima Pietra ha il piede in due staffe
I bidelli che sono stati colpiti dal sasso che ha rotto la vetrata della scuola, la madre e la nonna del bambino che lanciato il sasso, il preside che in realtà ha in testa solo la recita scolastica che sta per iniziare e la svagata maestra in quel momento di turno, suonano teatrali per la maniera in cui spesso declamano le battute invece che recitarle con gli altri in una situazione che invece si propone come realistica, per il compiacimento della recitazione caricata. Solo Corrado Guzzanti sembra centrare il dono più dimesso e naturalista del cinema. Ma non è questo il limite più stringente che incontra La Prima Pietra.
Lei è l’Henry Fonda del film che, come in La Parola ai Giurati, ha come obiettivo quello di ribaltare situazione e giudizio del pubblico e non ha fretta, anzi: il piacere della storia è vederla all’opera.
Ma invece che essere un film sui meccanismi della detection è una storia di dialogo (o assenza di dialogo) tra persone religiose che devono convivere. Ognuno avrà i suoi pregiudizi e i suoi condizionamenti alla fine. E forse proprio qui c’è il problema di questo film che scorre piacevole e ha in Corrado Guzzanti, come sempre gli capita, l’arma imprevista, capace di creare da sé momenti che funzionano, di prendere le redini delle conversazioni, donargli ritmo e infilare ironia e umorismo cattivi là dove non sembrava potesse esistere: non avere il coraggio di fare l'ultimo passo.
Poco davvero si può imputare a La Prima Pietra, film corretto e scorrevole, se non di essere innocuo. Sembra strano dirlo di un film che dà addosso a tutte le principali religioni, che ritrae il conflitto umano e non ha paura di mettere in scena individui pessimi, ma proprio la maniera in cui finisce, in cui cioè sceglie di chiudere questa storia paradigmatica, non ha il coraggio dell’affondo. Senza fare spoiler, se agli adulti non è concessa salvezza c’è un alito di speranza nei bambini, nella chiusa, che nega il vero finale duro e sposta l’argomento. Dopo uno svolgimento molto concreto, si conclude con toni farseschi.