La prima cosa bella - la recensione

Un figlio tormentato torna nella città natale perché la mamma sta male. Il nono film di Paolo Virzì è molto bello e sofferto...

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Recensione a cura di Francesco Alò

TitoloLa prima cosa bellaRegiaPaolo Virzì
Voci originaliValerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti, Claudia Pandolfi, Stefania Sandrelli, Marco Messeri
Uscita15 gennaio 2010

Fare il bagno nel petrolio e ridersela di gusto. E' questa la summa de La prima cosa bella, l'ultima cosa notevole che Paolo Virzì porta nella sua filmografia. Senza il finale fintissimo di Tutta la vita davanti (per tre quarti perfetto), senza la confusione produttiva di N - Io Napoleone, il regista livornese torna con il suo ritorno a Livorno alla compattezza dei bei tempi (Ovosodo) aggiungendo qualcosa di più alla sua consueta poetica del romanzo di formazione: l'imperfezione. C'è più imperfezione qui che in tutti i film precedenti di Virzì messi insieme e non tanto perché si racconta senza giudizio finale la morte di un parente caro vissuto con rancore ma perché di quel rancore non abbiamo mai una spiegazione convincente, lasciandoci sopportare, ma mai amare, il protagonista testone che torna a casa costretto a ricordare il suo passato.

Come capita sempre più spesso all'ultimo Sergio Rubini, ad esempio. Raccontato su due piani temporali, con un'ottica per Virzì inconsuetamente aperta (le dimensioni di oggetti e luoghi sono così “grandangolari” da essere figlie del sogno più che del ricordo) e una fotografia giallo/arancione da tramonto d'estate, La prima cosa bella vede il tormentato professore di italiano di un istituto alberghiero di Milano tornare a Livorno per gli ultimi giorni di malattia della mamma caciarona.

Accolto con freddezza dalla sorella Valeria (Claudia Pandolfi, profonda) che non gli perdona di essere scomparso all'improvviso anni prima, il professor Bruno (Valerio Mastandrea, così poco autoindulgente da sembrare estraneo a se stesso) entra nell'inferno della memoria arrabbiata e comincia a rimettere a fuoco (ecco perché forse la fotografia avvampa letteralmente) papà Mario e soprattutto mamma Anna, protagonista con i bambini di lunghi flashback nei '70 in cui è interpretata da Micaela Ramazzotti. Al presente, invece, è Stefania Sandrelli.

Le due attrici non si somigliano neanche un po' (felina la Sandrelli e canina -solo in senso zoologico- la Ramazzotti) ma questo aiuta l'idea di fondo ovvero che ciò che abbiamo vissuto come un inferno da ragazzini quando i nostri genitori litigavano, le zie cattive ci rapivano il papà e compagni di classe sostenevano di aver consumato amplessi con la nostra mammina, diventa improvvisamente un ricordo ironico nel finale.

E' soprattutto questo La prima cosa bella: la distanza tra il ricordo doloroso (Bruno) e la capacità di vedere nell'imperfezione della vita (la vecchia Anna ride come una pazza quando scopre di dover sposare un uomo di nome Loredano) il senso di un equilibrio. La capirà Bruno? Forse dopo l'ultima scena...

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