La Pomme Prisonniere, la recensione

Abbiamo recensito per voi La Pomme Prisonniere, opera di Kenji Tsuruta pubblicata da J-POP Manga

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


Condividi

Approcciarsi a La Pomme Prisonniere, di Kenji Tsuruta, è un po’ come entrare in un universo fantastico e imprevedibile fatto di meraviglia e sensualità. L’antologia, pubblicata in Giappone da Hakusensha a partire dal 2010 e in seguito raccolta in un volume, viene proposta nel nostro Paese in un brossurato da J-POP, disponibile in fumetteria dallo scorso aprile.

Solo pochi autori sono riusciti a creare un connubio magico tra nudo e poesia senza mai scadere nel banale o addirittura nel volgare, elevando invece la propria espressività a un livello artistico sublime. Sfogliando le pagine di questo manga, una raccolta di brevi storie, è difficile trovargli un’etichetta: al confine tra lo josei e il seinen, i suoi contenuti possono essere apprezzati dalla categoria più vasta di pubblico adulto, a prescindere dal sesso e dall'orientamento.

Il paragone più immediato per un lettore italiano è con maestri dell’erotismo come Guido Crepax e Milo Manara. Le giovani donne di Tsuruta possiedono quel fascino avventuroso e onirico delle creature di Crepax, anche se non raggiungono lo spessore dei contenuti del genio milanese. Hanno poi quell’innocenza e lasciva spontaneità delle ragazze di Manara, ma non sono capaci di osare oltre. Gli stimoli e le suggestioni di questo fumetto, dalla solitudine malinconica di una torre sospesa tra le acque di chissà quale mare a una nebbiosa e sfuggente Venezia, sollecitano suggestioni legate a grandi nomi della Nona Arte nostrana, come Hugo Pratt.

Il tratto unico e raffinato di Tsuruta, mangaka noto a livello internazionale per opere come Spirit of Wonder (1986, Kodansha - Magic Press) o Le memorie di Emanon (2008, Tokuma Shoten - Planet Manga), rende al meglio le situazioni più banali del quotidiano, aggiungendovi con leggerezza e spontaneità una sfumatura sexy o licenziosa, ma con un’ingenuità irriverente.

La Pomme Prisonnière, come da titolo, è un frutto goloso da sbucciare e assaporare, beandosi del racconto libero ed essenziale; quasi privo di testo e dialoghi, è giocato su virtuosismi di tecnica sequenziale, talento grafico e propensione innata al sorprendere.

Se vorrete godere pienamente di questo collage di racconti, dovrete abbandonare qualunque orpello morale e nozionistico: spogliatevi di ogni veste e sovrastruttura culturale come le protagoniste degli episodi dell’opera e abbandonandovi alla bellezza della Natura pulsante, rapida e sferzante come l'artiglio di un felino ma eccitante e travolgente come la fiamma di una notte d’estate.

Continua a leggere su BadTaste