La Nuit de Rois, la recensione | Venezia 77
Finalmente ci arriva qualcosa dal cinema africano che tenti di parlare una lingua sua. La Nuit De Rois piega il film di carcere iniettando tribalismo e libertà
Le premesse sono una bomba che piega i generi occidentali a situazioni, ispirazioni e cultura non occidentale.
È una tradizione della cultura sviluppatasi nel carcere, il narratore deve raccontare, lo voglia o meno (l’alternativa è facile immaginarla). Così il ragazzo inizia ad inventare e in una notte piena di eventi, incroci, intrecci e interruzioni inventa storie per rimanere vivo di fatto ripercorrendo la grande storia dell’industria culturale.
Esaltato dal ruolo e dalla riuscita dei suoi racconti che sono coreografati all’impronta da alcuni detenuti che mimano ballando quel che racconta (bellissime le coreografie, cinema liberissimo che stupisce per composizione e orchestrazione) mentre altri fanno letteralmente una specie di coro greco, il narratore capirà però che a fine storia lo aspetta la morte e allora comincia con i prequel e i sequel. Addirittura c'è anche un "magical negro" che coerentamente con l'ambientazione è l'unico bianco (Denis Lavant).
La location (reale) è metà del film chiaramente, è frutto di una grande tradizioni di carceri che sono mondi a sé (da Alcatraz a Sorvegliato speciale a Le ali della libertà fino al recente Viaggio in paradiso), questo mondo di uomini che vivono con violenza e sopraffazione la legge della giungla ma poi hanno bisogno pazzeschi inespressi. La parte animalesca del maschio unita a quella primordiale della donna.
Lacote lungo tutto il film non fa solo un ottimo servizio alla sceneggiatura (che ha anche scritto), la amplia e la gonfia creando un mondo con libertà invidiabile. C’è in La Nuit de Rois una capacità di piegare fino alle fondamenta un genere che conosciamo, iniettandoci qualcosa di tradizionale, ancestrale e radicato in un luogo così lontano da dove il cinema di carcere è fiorito, che sembra di averlo rifondato sotto nuove insegne. Le radici sono nel cinema americano ma esiste in questo film un nocciolo duro africano che non conosciamo, capiamo lungo la sua durata e ci parla di un legame con le radici tribali che non esiste in nessuna altra parte del mondo.