La Mummia, la recensione
Abbiamo recensito per voi La Mummia, la più celebre opera del maestro Dino Battaglia
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
La Mummia, quinto volume della collana dedicata da NPE a Dino Battaglia, è probabilmente l'opera più nota dell'autore. Originariamente pubblicata nel 1983, sui numeri 8 - 10 della rivista Alter Alter, viene raccolta nell'elegante cartonato che la casa editrice di Salerno ha distribuito in fumetteria lo scorso ottobre. Il fumetto vede come protagonista l’unico personaggio ricorrente nelle opere del maestro e apparso in altre due storie dello stesso anno, I crimini della Fenice e I Misteri del Tamigi, rimasto incompiuto.
La Mummia è emblematico di questo crogiolo di influenze e suggestioni letterarie noir e horror. La trama è infatti costituita da un doppio intreccio che vede inizialmente ben distinte le due dimensioni del racconto, quella reale e quella fantastica: la prima è rappresentata dall’indagine che riguarda uno squilibrato responsabile di feroci aggressioni ad alcune prostitute; la seconda si riflette nell’arrivo in città di un prezioso carico archeologico, contenente le spoglie imbalsamate di un antico principe egiziano avvolto da una sinistra leggenda, una profezia inquietante. Agli omicidi del maniaco si aggiungono ben presto altre morti misteriose e ancor più terrificanti, con le vittime che vengono trovate completamente dissanguate.
I due piani narrativi lentamente si mescolano diventano indistinti e la caccia all’assassino si tramuta in caccia al mostro. Battaglia riesce a elaborare questa complessa vicenda e metterla in atto con straordinaria efficacia grazie a una solida sceneggiatura e alla sua arte. Del resto, è stato il primo italiano a vincere, nel 1975, il premio come “Miglior disegnatore straniero” al Festival d’Angoulême, e la qualità della sua matita è pari, se non superiore, a quella della sua penna. La capacità unica di padroneggiare con uno stile inimitabile i chiaroscuri, la luce e le ombre gli permette di giocare come un mago con le sensazioni visive del lettore, sfruttando la sfuggente e fumosa capitale inglese come la sua scatola dei trucchi.
Il fumetto, contenente mille sfumature di interpretazione, è un divertissement erudito e intellettuale, una novella intrigante e paurosa, ma anche - semplicemente - uno vero e proprio spettacolo visivo. Sicuramente, oggi risalta per la modernità di Coke, che, come osserva giustamente in prefazione del libro Davide Carnevale, ha in nuce quelle caratteristiche che, di lì a breve, avrebbero fatto di un suo concittadino e collega un incredibile successo nazionale.
Pochi anni prima dell’uscita di Dylan Dog, il soggetto di Battaglia mostra infatti diverse similitudini con l’antieroe di Tiziano Scalvi, che si sintetizzano nella inadeguatezza ma non nella sconfitta davanti a situazioni che travalicano di gran lunga l’ordinaria concezione delle cose e del mondo. È l’uomo comune che si confronta con l’inaccessibile e l’arcano senza perdere il senno e che trova nei propri limiti la sua risposta, diventando una figura irresistibile nella sua umanità.