La morte di Daredevil, la recensione

Abbiamo recensito per voi La morte di Daredevil, finale del ciclo di Charles Soule disegnato da Phil Noto

Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.


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Daredevil #609, anteprima 01

Come dicevamo in occasione dell'uscita di Il ritorno di Wolverine, ci auguriamo che l’Editor-in-Chief della Marvel C.B. Cebulski possa invertire la rotta della casa editrice, così da evitare che un'icona dopo l'altra venga mietuta allo scopo di ottenere vendite migliori. Non possiamo che confermare questa speranza dopo aver letto lo storyarc La morte di Daredevil, firmato ai testi dallo "sterminatore di eroi" Charles Soule (La morte di Wolverine).

L’arco narrativo, originariamente pubblicato sulle pagine di Daredevil #609/612, chiude la lunga run dello scrittore americano sul personaggio, cominciata circa tre anni fa, in concomitanza con il rilancio noto come La Nuovissima Marvel. Panini Comics ha raccolto l'arco narrativo nei numeri 93/94 della testata intitolata al Diavolo di Hell’s Kitchen.

Come in un amarcord, la vicenda parte con Matt Murdock investito da un camion nel tentativo di salvare la vita di un ragazzino che sta attraversando la strada. La storia prosegue con il Cornetto alla ricerca della prova che possa far cadere Wilson Fisk, diventato illegalmente sindaco di New York (o almeno è questo ciò che sostiene l’accusa). Il racconto si dipana in maniera frenetica, con Daredevil ostacolato nella sua ricerca da vecchie e nuove conoscenze, in un viaggio che riporta alla luce emozioni legate alla sua storia editoriale.

"Se la morte di un personaggio cardine dovrebbe colpire allo stomaco attraverso un evento straordinario, tanto da restare impressa nell’immaginario collettivo, allora possiamo asserire che 'La morte di Daredevil' fallisce in tutto ciò."Sebbene non manchino elementi suggestivi in grado di creare interesse nel corso della lettura, questo arco narrativo non ha il peso che ci si aspetterebbe da una storia che porta un nome tanto importante. Se la morte di un personaggio cardine dovrebbe colpire allo stomaco attraverso il racconto un evento straordinario, tanto da restare impressa nell’immaginario collettivo, allora possiamo asserire che La morte di Daredevil fallisce in tutto ciò.

A questo va aggiunto un finale privo di mordente: la trovata con la quale Soule conclude il suo ciclo lascia perplessi per come svilisce la costruzione di uno storyarc tutto sommato gradevole, caratterizzato dalla tensione tipica di racconti dalle atmosfere poliziesche. Sarebbe dunque impietoso fare un paragone con i precedenti cicli narrativi: gli epiloghi ideati da Brian M. Bendis, Ed Brubaker e Mark Waid sono di ben altro livello, e ciò dispiace, in quanto Soule aveva avuto modo, nel corso della sua gestione, di dar vita a storie accattivanti che hanno rispolverato il lato più legal e urbano del personaggio.

Chi non teme confronti è Phil Noto, che con la sua arte segna indelebilmente queste pagine: il suo stile realistico e pittorico è perfetto per rivitalizzare una storia non indimenticabile, conferendo spessore a sequenze che a livello narrativo risultano poco incisive. I pochi momenti degni di nota sono resi tali proprio grazie all’interpretazione del fumettista americano, abile nello sfruttare le potenzialità del medium Fumetto e del colore, con il costume rosso del protagonista che si staglia su scenari algidi.

"L'importante è finire", cantava Mina, e noi ci auguriamo che la stagione della sensazionalizzazione delle morti eccellenti sia definitivamente finita, e che si torni a puntare esclusivamente sulla qualità delle storie. Un personaggio del calibro di Daredevil merita questo e altro.

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