La Mala Educacion

Perché l’ultimo film di Almodovar è un capolavoro? Beh, rispondere a questa domanda vorrebbe dire rivelare molto (troppo) della pellicola in questione.

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Provo allora a fare un discorso più generale sul suo cinema, cercando di spiegare perché al momento il regista spagnolo è uno dei pochissimi a potersi vantare di fare un cinema personale.
Quello che La Mala Educacion mette in evidenza senza ombra di dubbio è la straordinaria capacità di Almodovar di non seguire sentieri già battuti e soprattutto di non essere mai manicheista.
Alcune sue vicende personali (l’educazione in collegio e l’esperienza indiretta con alcuni casi di abusi) hanno chiaramente ispirato queste pellicole. Ma non è il caso di aspettarsi un istant-movie da prima serata televisiva, qui la materia scottante dà solo lo spunto per narrare una storia di ossessione e di ambiguità , senza peraltro essere l’occasione per una banale denuncia contro la chiesa cattolica. E d’altronde, chi altri poteva pensare di utilizzare uno dei brani più romantici della storia del cinema (quel Moon River reso celebre da Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany) per una scena atroce?

Ed è inutile parlare (come ho sentito a qualche collega) di volontà di scandalizzare a tutti i costi. Certo, ci sono travestiti e scene di masturbazione, ma qual è la novità ? Stiamo parlando di Almodovar, non di James Ivory, se qualcuno è troppo sensibile per questi argomenti (e quindi ha evitato tutti i precedenti film del regista) lasci perdere anche questa volta.
In realtà , Almodovar è riuscito da tempo nella straordinaria impresa di costruire film di genere, rifacendosi ai classici del passato (basti pensare ai titoli di testa e alla colonna sonora spiccatamente hitchcockiane, oltre ai riferimenti evidenti ad un capolavoro del maestro inglese), ma inserendo le sue ossessioni personali e soprattutto aggiornando la tipologia dei personaggi da mettere in scena. Non siamo qui di fronte ad una cinefilia tarantiniana, in cui il piacere è quello di riconoscere da dove provengono i vari pezzi del puzzle. Assistiamo invece alla costruzione di qualcosa di incredibilmente originale, derivata dalla profonda conoscenza della materia, ma senza citazioni plateali e autoindulgenti.

Certo, all’inizio non è facile seguire la vicenda, tra flashback nei flashback e racconti che mischiano realtà e finzione. Una seconda visione è assolutamente consigliata, anche perché molti penseranno di vedere due film diversi tra il primo e il secondo tempo. Sbagliato. Il primo tempo è assolutamente necessario per preparare lo spettatore a quello che vedrà in seguito. Nessuna frattura, insomma, soltanto grandissima capacità di scrittura cinematografica.

Il finale, poi, come ha rivelato il cineasta, poteva portare a tante strade diverse. Quelle scelte mi sembrano assolutamente perfette per chiudere il cerchio della vicenda in maniera mirabile...

Si seguito, alcune dichiarazioni di Pedro Almodovar e degli interpreti Fele Martinez e Javier Camara, raccolte nella due giorni di promozione che hanno fatto a Roma...

Pedro Almodovar
Non riesco a distinguere i personaggi di questo film come buoni o cattivi. Preferisco vederli in modo diverso, come persone che decidono liberamente cosa fare della propria vita. E devo dire che più i personaggi sono cattivi più mi piacciono. D’altronde, questo è cinema, non è la vita, altrimenti Tarantino e Peckinpah dovrebbero essere in galera per quello che hanno realizzato.

Non è una pellicola che fa sentire bene, non dà certo conforto allo spettatore. Il mio obiettivo era di parlare di qualcosa di terribile, per poi tirarne fuori qualcosa di diverso e originale.

Molti pensano che la figura del regista, interpretata da Fele Martinez, sia autobiografica. In realtà , ho cercato di distanziarmi da questo personaggio. E io comunque non frequento le persone con cui lavoro.

E’ vero, a differenza dei miei film precedenti, qui le donne sono quasi totalmente assenti, a parte il personaggio della madre. Francamente, quando ho scritto la storia non me ne sono reso conto. Ma visto che molti mi definiscono “un grande regista di donne”, forse inconsciamente ho voluto dimostrare di essere almeno un “discreto regista di uomini”.

Javier Camara
Il buon momento del cinema spagno lo si può spiegare in diversi modi. Intanto, è molto importante il grande numero di Festival dedicati sia ai corti che ai lungometraggi. In questi casi, i produttori possono venire a contatto con i giovani registi e puntare su storie anche più difficili. E poi, i cineasti spagnoli sono in grado di affrontare la realtà del loro paese. Parlano di paellas insomma, non di hamburger.

I grandi mezzi di comunicazione nazionali danno spazio solo al cinema americano. Credo che sia una conseguenza dei soli 25 anni di democrazia del nostro paese, di sicuro c’è un grande complesso di inferiorità nei confronti degli altri. Al punto che un regista come Almodovar viene apprezzato più all’estero che da noi. Anche se poi, nel nostro paese, Almodovar è un simbolo, come potrebbe essere la Coca Cola negli Stati Uniti

Fele Martinez
Purtroppo, nonostante ci siano grandi registi come Almodovar o Amenabar, in Spagna non c’è un vero e proprio star system. Comunque, ora i produttori fortunatamente non finanziano solo pellicole che ritengono di sicuro successo, ma hanno anche il coraggio di rischiare su prodotti più personali.

Non ho un genere preferito, quando vado al cinema mi lascio guidare dal mio umore. L’importante è la possibilità di scegliere tra cose diverse, una commedia o un film d’azione che sia.

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