La Llorona: Le Lacrime del Male, la recensione
Con pochissime idee di paura e molte di più riguardo quel che accade nel suo universo La Llorona è uno spin-off non riuscito
Una madre sola deve proteggere i suoi due figli dalla Llorona, una donna che ha affogato i figli nel giorno del suo matrimonio e ne ha pianto le lacrime così tanto prima di uccidersi che è stata condannata a vagare e piangere cercando di rubare figli altrui. Si tratta di un vero spettro del folklore latinoamericano, preso in prestito dal film, un culto paracattolico che, sempre nel film, la chiesa riconosce (nella figura di Padre Perez, lo stesso di Annabelle) ma contro la quale ha solo metodi burocratici e lunghi, serve dunque qualcuno di più spiccio. Meno bolle papali, più acqua santa e croci. La risposta è un ex prete che ora opera al di fuori della legge della Chiesa. “Ho smesso di essere un prete. Non di credere in Dio” dirà egli stesso, eroe pistolero solitario con una croce di legno più potente delle altre (sic!). Non c’è la scena della vestizione come in Commando o Rambo, ma non siamo lontani.
La Llorona fa il minimo del lavoro sulla paura, è rimasto ancora all’immagine spaventosa di The Ring contaminata da alcuni tratti di The Nun (lo si vede da quanto ci tiene ad inquadrare da vicino la pelle bianchissima anche se il contrasto b/n del demone viene sempre da The Ring) e abusa senza un vero senso della comparsa a sorpresa. L’unica idea di paura del film è di far apparire la Llorona all’improvviso o di far spalancare finestre e sbattere porte senza preavviso. Non crea un’atmosfera di possessione e presenza demoniaca vera, pervasiva e onnipotente (addirittura la sbattono fuori di casa ad un certo punto e faticano a tenere chiusa la porta!), non parla del male dentro di noi, non riflette qualcosa che sia più spaventoso del solo mostro. La Llorona è un mostro, e fine. E la risoluzione finale, molto materiale e poco spirituale, ci confermerà che abbiamo assistito ad un horror con una struttura da film d’azione.