La leggenda del cacciatore di vampiri 3D, la recensione

Un film che non ha tempo da perdere nel dosaggio degli elementi del racconto perchè deve correre come un matto verso le sue scene d'azione. Un film cocainomane.... 

Critico e giornalista cinematografico


Condividi

Gli spoof o parodie stanno subendo cambiamenti radicali negli ultimi anni e i libri di Seth Grahame-Smith (oltre a quello da cui è stato tratto questo film di Bekmambetov c'è anche il precedente Orgoglio Pregiudizio e Zombie) sono apparsi da subito come un modo interessante, divertente e dissacrante al punto giusto di stravolgere, ridicolizzare e contaminare racconti classici, seguendo, tradendo e confermandone stereotipi di linguaggio. Per questo la prima trasposizione filmica era abbastanza attesa, nonostante fosse stato scelto un regista dalla mano e dalla personalità così invadente da prendere di certo il proscenio rispetto al materiale originale.

E così è stato. La leggenda del cacciatore di vampiri è decisamente un film di Timur Bekmambetov, ne incarna tutte le idee principali e la visione di cinema.
C'è una ricerca esasperata della coolness in ogni momento, senza alcun dosaggio delle trovate e con un certo disprezzo della scansione narrativa, cioè quella serie di artifici che, contraendo e dilatando il racconto e il rilascio delle informazioni, scatenano il fascino di una trama, lo strumento attraverso il quale Tarantino, per fare un esempio, trova la sua di coolness.
Bekmambetov, invece, utilizza tutte le tecniche già note e canonizzate (il ralenti unito all'accelerazione, le inquadrature sghembe che si raddrizzano, i controluce...) per imporre ammirazione verso i propri personaggi che tuttavia non hanno mai nulla di davvero unico e personale, cioè nulla per il quale valga la pena idolatrarli.

E non si può dire nemmeno che non ci sia impegno. In La leggenda del cacciatore di vampiri, come in tutti i film del regista russo, esiste un furore cinetico pari solo a quello di Michael Bay ma dosato con ancor più grossolanità. Se fosse un pittore Bekmambetov non userebbe pennelli, ma solo rulli per imbiancare pareti.
Allora anche trovate come la messa in rilievo stereoscopico degli occhi dei vampiri o l'uso di un pulviscolo nell'aria per enfatizzare la profondità delle inquadrature 3D, creando di fatto un livello intermedio di "aria" che sia visibile, si perdono nel mare di accumuli ed esagerazioni gestiti senza criterio. E anche sequenze come l'inseguimento tra i cavalli, dotate di una vitalità interiore e di un dinamismo attraenti, si perdono nel mare perchè improvvise e isolate.

Con i suoi contenuti La leggenda del cacciatore di vampiri poteva essere un'opera veramente dissacrante rispetto alla figura intoccabile di Lincoln. Invece fantastica sulla sua vita per confermarne esaltazione e mitologia, crea una fantastoria per fare "fantaagiografia". Ma, ancora più grave, con quest'idea di cinema poteva essere la versione più estrema del fumettismo al cinema, la completa e definitiva stilizzazione dei movimenti, la sovrapposizione del cinema recitato con l'azione ritoccata in postproduzione, invece è solo un'auto sportiva spinta al massimo da chi non sa guidare.

Continua a leggere su BadTaste