La Guerra dei Regni: New Agents of Atlas, la recensione
New Agents of Atlas non incide, complice una mancanza di profondità nella scrittura e una componente artistica anonima
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
La Guerra dei Regni è il megaevento che sta sconvolgendo l’Universo Marvel. Oltre che dalla storia principale, scritta da Jason Aaron (Avengers) e disegnata da Russell Dauterman (Mighty Thor), l’invasione dell’esercito dei Nove Regni guidato da Malekith viene raccontata tra le pagine dei vari tie-in, tra cui War of the Realms: New Agents of Atlas.
Pescando da ogni parte del continente, lo scrittore americano mette insieme un gruppo decisamente sui generis. Come spesso capita in situazioni del genere, la casualità è la scintilla che mette in moto gli eventi; una volta avviati, però, c’è bisogno che ognuna delle figure coinvolte metta da parte il proprio individualismo per raggiungere l’obiettivo comune.
"Ben presto, le dinamiche di gruppo risultano ridondanti e lo sviluppo della trama si rivela banale."Il problema principale nasce dalla gestione di un team così ampio: focalizzare l’attenzione su personalità così disparate non permette a Pak di conferire la giusta profondità alla miniserie. Se da un lato personaggi come Brawn o Silk hanno una caratterizzazione ben definita e nota ai lettori, dall’altro la mancanza di una costruzione psicologica penalizza i nuovi arrivati, che non riescono a catturare il nostro interesse al di là della ricercatezza del loro design.
La miniserie scorre senza particolari sussulti o trovate sorprendenti: ben presto, le dinamiche di gruppo risultano ridondanti e lo sviluppo della trama si rivela banale. Il fulcro di New Agents of Atlas doveva essere rappresentato da Amadeus Cho, alla ricerca di nuova dimensione e “costretto” ad assumere il ruolo di leader: ebbene, tutto questo viene solo sfiorato, cosa che non porta ad alcuna evoluzione del personaggio. Inoltre, la figura del villain appare priva di tridimensionalità, quasi in maniera macchiettistica se paragonata a Malekith.
La scarsa incisività di Pak viene replicata da Gang-Hyuk Lim (Infinity Countdown: Darkhawk) al tavolo da disegno. Anche in questo caso, lo stile sintetico dell’artista non presenta guizzi che possano risollevare le sorti del brossurato; seppure priva di errori formali, la prova di Lim non incide dal punto di vista emotivo.
Se Avengers: Strikeforce è un tie-in di La Guerra dei Regni da avere, visto l’ottimo lavoro in fase di scrittura e una componente artistica da urlo, questo volume non aggiunge davvero nulla alla narrazione dell’evento, risultando il classico evitabile inserto di un grande evento.
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