La Fabbrica dei Corpi, la recensione

La Fabbrica dei Corpi è un avvincente viaggio nella storia delle amputazioni e nel mondo delle protesi

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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Siamo abituati a leggere fumetti che hanno una struttura principalmente narrativa: ci fanno affezionare ai protagonisti, di cui seguiamo le vicende e l'evoluzione, fino al climax e alla risoluzione. Non è il caso di La Fabbrica dei Corpi, il secondo volume edito da BAO Publishing all'interno della sua collana dedicata alla divulgazione scientifica. La prima uscita, Mars Horizonaveva un'impostazione più tradizionale, lo stesso delle storie Disney del filone Comics & Science o di C'è spazio per tutti, di Leo Ortolani.

La francese Héloïse Chochois decide di percorrere un sentiero apparentemente meno coinvolgente concentrandosi sull'aspetto espositivo. Il protagonista non ha nome, segnale del disinteresse da parte dell'autrice nel costruire una caratterizzazione attorno a lui, preferendo farne un avatar, un contenitore vuoto che il lettore può riempire immaginandosi nella situazione. Qualche pagina di serenità quotidiana, e il protagonista ha un incidente che gli sconvolge la vita, risvegliandosi in un letto d'ospedale privo di un braccio; pochi minuti dopo quest'amara scoperta, incontra Ambroise Paré, chirurgo responsabile dei principali traguardi della modificazione anatomica e padre della medicina prostetica. Questa visione onirica lo accompagnerà come un novello Virgilio nel mondo delle amputazioni, illustrandogli passato, presente e futuro.

La componente più personale ed emotiva di La Fabbrica dei Corpi è raccontata attraverso sequenze mute e in bianco e nero, un approccio garbato e non morboso alla nuova condizione del protagonista. Le fatiche e i momenti più drammatici non vengono nascosti, ma è evidente che gli venga concesso meno spazio, concentrandosi con un abbondante dose di ottimismo sul ritorno alle abitudini e sull'accettazione del nuovo sé.

È sorprendente, in questi rapidi passaggi, trovare anche una piccola vignetta in grado di commuovere; come l'immagine del giovane seduto di fianco alla sua ragazza, come due fratelli siamesi, per impugnare con due mani il joypad e fare una partita ai videogiochi. E anche se sembra che l'autrice non abbia investito troppo tempo nel farci empatizzare con il protagonista, ci ritroviamo a osservare con lui le Paraolimpiadi, venendo travolti da un'ondata di speranza.

La maggior parte del volume è espositiva, ma non per questo priva di ironia, e riesce a trascinarci nel racconto delle prime amputazioni avvenute nell'antichità, nella spiegazione approfondita del fenomeno dell'arto fantasma e nella scoperta delle varie tipologie di protesi esistenti, oltre che fornirci uno sguardo su quali traguardi verranno raggiunti in futuro.

Sono volumi come questo a risvegliare il piacere dell'apprendimento, in questo caso in merito a un argomento al quale è lecito pensare di non essere granché interessati; invece, alla fine della lettura di La Fabbrica dei Corpi, ci si sente felici di saperne di più.

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