La Conseguenza, la recensione
Là dove poteva nascere una storia d'amore che libera la donna La Conseguenza sceglie di intraprendere una strada più originale e complicata
È questo il terreno conteso da La Conseguenza, quello in cui una coppia lasciata a pezzi non tanto dalla seconda guerra mondiale appena conclusa ma dalla morte di un figlio si trasferisce a Berlino subito dopo la fine del nazismo per lavorare alla non facile ricostruzione. Lui cercherà di affogare il dolore nel lavoro, lei rimarrà a casa con i tedeschi con cui condividono l’abitazione.
È accaduto che anche nell’unico genere in cui la donna e le sue esigenze sono sempre stati cruciali (il melodramma), il nuovo ruolo assunto dal femminile ha sparigliato le carte.
In tutto questo rimane molto lontano sullo sfondo l’ambientazione, un post-nazismo tipico dei nostri anni (guerra e campi di concentramento non si portano più, adesso va il dopoguerra e i nazisti nascosti), in cui in un clamoroso ribaltamento sono i seguaci di Hitler ad avere i numeri tatuati sul braccio per essere identificati. Si poteva decisamente fare di più di quest’ambientazione ma La Conseguenza sceglie di farne un fondale poco incisivo, utile alla tensione della svolta finale della trama ma non davvero caratterizzante.