La collina dei conigli: la recensione

Le nostre impressioni sulla miniserie animata La collina dei conigli

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C'è una stridente lontananza tra la complessità di temi e riferimenti al centro di La collina dei conigli e la piattezza del comparto grafico con cui la storia è narrata. Il fantasy campestre scritto da Richard Adams rivive in una miniserie in quattro puntate frutto di una collaborazione tra BBC e Netflix. Il fascino dell'epopea dei conigli in cerca di una casa rimane, e tra le pieghe dell'intreccio emerge anche una maturità di fondo, ma al tempo stesso l'ampio minutaggio non sfrutta del tutto le potenzialità del romanzo. Inoltre, tanto il design anonimo dei protagonisti quanto l'animazione tridimensionale sminuiscono quelle asperità che erano invece esaltate dalla versione animata del 1978.

La collina dei conigli (Watership Down) narra del viaggio di un gruppo di conigli costretto ad abbandonare i campi familiari in cerca di una nuova casa. Il viaggio tra le campagne inglesi, solo apparentemente pacifiche, assume ben presto i contorni di un'aspra odissea in cerca della terra promessa. Sulla loro strada, i conigli si imbattono in esperimenti sociali dai risvolti terrificanti, in predatori che mettono a durissima prova la loro determinazione, in formidabili nemici appartenenti alla loro stessa specie. E, ovviamente, nella mano dell'uomo, il nemico tra i nemici.

Regia di Noam Murro (300: L'alba di un impero), la miniserie in quattro episodi raddoppia il minutaggio del violento film di quarant'anni fa. La storia ne esce meno compressa, ma al tempo stesso la minor frenesia negli eventi riduce l'impatto emotivo della vicenda. La storia segue infatti con fedeltà gli eventi del romanzo, ma al tempo stesso si focalizza eccessivamente sull'intreccio, forse assecondando l'obbligo di esaltare l'impressionante cast di doppiatori (James McAvoy, Nicholas Hoult, Olivia Colman, John Boyega, Ben Kingsley, Peter Capaldi, Gemma Arterton, Rosamunde Pike). Il respiro epico, mitologico e fantastico dell'ambientazione viene quindi normalizzato in favore di un'azione più immediata.

Eppure il prologo ci lascia ben sperare, con un'introduzione che gioca sullo stile dell'animazione, che ci parla di un dio che elargisce doni agli animali, condannando di fatto i conigli ad un'esistenza di dolori e angosce. Qui si intravede il fascino di un'opera impossibile da categorizzare, ma che certamente racconta ben più di un semplice viaggio di alcuni animali. Tra Esodo e Odissea, tra Lo Hobbit e la distopia, si gioca sulla costruzione dei miti e delle leggende. I caratteri principali sono lo specchio di quelle caratteristiche: Moscardo è l'eroe, Quintilio è il veggente, Parruccone è il guerriero. La collina dei conigli gioca di continuo con gli archetipi e i riferimenti, ma, come detto, la messa in scena scorre via senza valorizzare, o addirittura sminuendo il valore della storia.

Più che un cast di doppiatori altisonante o una canzone firmata da Sam Smith, avremmo gradito una maggiore attenzione al design dei personaggi o una maggiore sperimentazione con la messa in scena. Il film di Martin Rosen – suo anche l'inquietante The Plague Dogs – colpiva immediatamente con un design che, sebbene cartoonesco e talvolta esagerato, sfruttava le sue punte di realismo per inquietare. Su tutte, la decisione di allontanarsi completamente dai classici "occhi disneyani" per restituire qualcosa di più animalesco. Un'animazione grezza si integrava bene, ed esaltava i momenti quasi orrorifici di distruzione e morte che rendevano la fatica immane ed eroica di questi conigli che lottavano strenuamente per sopravvivere.

Asperità che mancano nella miniserie Netflix. Nei momenti peggiori, a dirla tutta, sarà difficile riconoscere se non dopo qualche secondo i conigli interessati dall'azione. Sarebbe stato interessante, inoltre, trovare il modo di integrare nella storia le leggende del mondo dei conigli, che pure vengono accennate solo per essere tagliate brutalmente e tornare alla storia. Al di là dei suoi limiti, in ogni caso La collina dei conigli riesce a raccontare la propria storia senza grosse cadute. Non è la miglior versione possibile del romanzo di Adams, ma nemmeno manca di rispetto alla visione originale.

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