La classe

Un professore si sforza di fare al meglio il suo lavoro in una scuola difficile. La pellicola vincitrice della Palma d'oro presenta spunti interessanti, ma è decisamente sopravvalutata...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloLa classeRegiaLaurent CantetCastFrançois Bégaudeau, Franck Keïta, Atouma Dioumassy, Nitany Gueyes, Wei Huang, Jean-Michel Simone Uscita10 ottobre 2008 

Una scena del film rappresenta bene tutta la pellicola. Il professore (interpretato da François Bégaudeau, autentico insegnante e autore del libro da cui è stato tratto il film) chiede ai suoi allievi di comporre un autoritratto, ma i ragazzi non sono convinti e ritengono che la loro vita sia insulsa e monotona, tanto da non valere un racconto del genere. L'insegnante non è ovviamente d'accordo. Il regista Laurent Cantet (consciamente o meno) invece sembrerebbe proprio di sì.

Si faticano a trovare momenti in cui i ragazzi non dicano banalità e invece esprimano lampi di talento (se non intelligenza pura, cosa che manca completamente in questa classe). Le cose che dicono sono sostanzialmente insignificanti e ci dovrebbero mostrare soltanto la povertà culturale (ma anche di semplice brillantezza e acume di questi allievi) che li contraddistingue. Ancora peggio i momenti di ricreazione nello spazio comune, che un insegnante descrive come un ritrovo di bestie, cosa che, da quello che vediamo in scena, non sembra essere una visione troppo lontana dalla realtà.

Insomma, siamo di fronte ad un film che dovrebbe descrivere gli adolescenti, ma che in realtà sembra completamente pessimista su di loro e sul loro futuro. Non c'è la dolcezza affettuosa (e in parte autobiografica) del François Truffaut de I 400 colpi, né magari la partecipazione emotiva di una pellicola come I figli della violenza di Luis Bunuel. A questo punto, si può tranquillamente rimpiangere anche il Judd Apatow di Freaks and Geeks, incantevole serie televisiva americana in cui ci capiva chiaramente che i realizzatori sapevano bene quello di cui parlavano e lo facevano in maniera molto esplicita.

Qui, invece, il pessimismo (nascosto dietro ad una facciata decisamente ironica e disincantata) è onnipresente, anche nel personaggio del protagonista, decisamente troppo caustico, ma spesso incapace di reagire nel migliore dei modi alle critiche dei suoi studenti. E' questo, comunque, l'aspetto più interessante del film, in una sorta di gioco tra il gatto e il topo in cui i ruoli non sono sempre ben definiti e possono cambiare anche da un minuto all'altro, così che l'accusatore deve ad un tratto difendersi dalle critiche che riceve. Tutto questo, va detto, comunque in una pellicola da vedere in originale (non oso pensare ai risultati di un doppiaggio su un prodotto del genere, al di là della bravura dei professionisti del settore).

Il punto però è che pellicole come queste sembrano perfette per i Festival (per lo stile pseudoimprovvisato e per essere quasi interamente girato con macchina a mano) e magari per i sociologi dei quotidiani, che ci troveranno degli spunti utili per discutere della scuola e della civiltà moderna. L'impressione è che per il pubblico, al di là di qualche momento, non siano proprio il massimo...

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