La casa in fondo al lago, la recensione

Alexandre Bustillo e Julien Maury glorificano con La casa in fondo al lago il loro amore per il cinema, creando un horror subacqueo dove lo sguardo è al centro di tutto.

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La casa in fondo al lago, la recensione

Non sarà impeccabile tecnicamente, non sarà esaustivo riguardo le spiegazioni, ma quanto è incredibile nonostante tutto La casa in fondo al lago? Il nuovo horror del duo francese Alexandre Bustillo e Julien Maury è pazzesco perché non solo assolve minuto per minuto al compito del genere, creando continuamente tensione e aspettative, ma perché sa giocare con una “multiprospettiva” tecnologica e visiva da capogiro, usando gli strumenti del cinema e del linguaggio audiovisivo (anche del videogioco) per creare una precisa situazione spettatoriale, dove chi guarda può stare addirittura oltre i personaggi, nelle braccia della paura, spersonalizzato e messo a nudo. Se questo non è ragionare su/con l’horror, non sappiamo cosa possa esserlo.

La premessa non suona come originale (ma serve davvero esserlo?) eppure La casa in fondo al lago sa prendere i suoi elementi chiave e posizionarli là dove servono, senza la pretesa di essere diverso a tutti i costi ma con la consapevolezza di potere - e sapere - fare bene. Il film è un horror subacqueo dove i protagonisti sono due turisti del terrore, Ben (James Jagger) e Tina (Camilla Rowe), che cercando location suggestive da filmare con GoPro e drone e da postare su YouTube, decidono di immergersi in un lago nel sud della Francia dove giace, sommersa, una vecchia casa. Ma la casa non ha alcuna intenzione di lasciarli andare via...

La premessa sta tutta qui e il resto è sola pura azione, seguita totalmente live e addosso ai personaggi. Tutto viene giocato in come i due protagonisti interagiscono con l’ambiente e tra di loro, e in una scenografia suggestiva e chiaramente visibile ed esplorabile (grazie alla fotografia di Jacques Ballard, che ha reso in modo naturale un ambiente difficilissimo da gestire) Bustillo e Maury possono liberamente lavorare sui punti di vista. A loro disposizione vi sono, oltre al consueto occhio registico, tre dispositivi: le due GoPro ad altezza soggettiva e il drone che procede in modo indipendente, e che il più delle volte viene mandato avanti in barba al pericolo. “Peccato” che il drone siamo noi spettatori, perché Bustillo e Maury spesso si divertono a mettere chi guarda in una posizione scomodissima e doppiamente terrorizzante, dove si teme non solo per la vita dei personaggi ma, paradossalmente, per la propria: o meglio, per il proprio punto di vista, che sulla sceneggiatura non esiste ma che nella storia in fieri diventa fondamentale. Un punto di vista che da freddo e impassibile diventa umanizzato e mortale.

La situazione che si crea è assolutamente affascinante, e non sorprende in questo senso che proprio Jason Blum, il quale dell’horror tecnologico ha fatto la sua fortuna e il suo mito, abbia acquisito i diritti sul film. Sì, c’è anche lo spiegone, ma è uno spiegone che ci sta tutto e anche se il risultato non è perfetto e fa intuire la possibilità di una articolazione visiva ancora più complessa (specie nei momenti clou, dove tutto si accartoccia in modo abbastanza confuso), La casa in fondo al lago è soprattutto una dimostrazione di stile e di capacità discorsive. Bustillo e Maury glorificano così il loro amore per il cinema, per i suoi strumenti, di cui riempiono la casa e che, alla fine è l’unica possibile risoluzione narrativa. Dove vedere equivale a credere.

Cosa ne dite della nostra recensione di La casa in fondo al lago? Scrivetelo nei commenti!

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