La Befana Vien Di Notte, la recensione
La Befana Vien Di Notte tratta il mito delle feste come una storia d'avventura ma la terra gli crolla sotto i piedi...
L’elemento centrale è infatti palesemente la dialettica tra i due, cioè il fatto che un errore della Befana abbia portato alla nascita di un cattivo (il quale è tale per un trauma che si è sommato ad altri). Chiuso quel preambolo, nel presente la trama indugia da altre parti, su una storia di ragazzi che scoprono che la propria maestra è la Befana e che è stata rapita da qualcuno, gettandosi alla ricerca. E questa è la prima tragedia del film, il fatto cioè che questi ragazzini, le cui parti non sono scritte male, non le recitino a livello di un film di serie A e sembrano sempre orientati verso un ecumenico e angelico buonismo che solitamente non appartiene a quell’età, di certo non a questo genere di film. Questo uccide tutto e anche battute ben scritte suonano pessime.
Nonostante l’inizio faccia pensare il contrario grazie ad una color correction che dà alle scene quei toni extra-ordinari che le possono staccare dal quotidiano, buona parte del resto del film, specie gli esterni, sono invece rischiarati da una luce e da inquadrature che non ne nascondono l’ordinarietà, sottraendo il tutto al reame del fantastico. E non aiuta nemmeno il fatto che i due protagonisti adulti, Paola Cortellesi e Stefano Fresi (scelte di casting sulla carta impeccabili) non riescano a recitare bene le proprie maschere. Perfetti quando sono umani, sembrano sempre a disagio quando devono parlare e agire come un’eroina e un cattivo, quando cioè invece degli esseri umani interpretano la maschera del genere. Paola Cortellesi in particolare, che è un’attrice indiscutibile, sembra non possedere proprio le caratteristiche giuste per l’avventura.
Perché se il reparto di scenografia e materiali scenici è di grandissimo livello (l’antro della Befana è credibile, originale e suggestivo così come il quartier generale del cattivo e tutti i costumi) poi le scene d’azione sono realizzate con poca cura e pochissima credibilità e questo nonostante alla regia ci sia Michele Soavi, sulla carta uno dei più adatti al progetto. Se si aggiunge poi una certa inspiegabile prolissità e ripetitività (quante volte viene legata Paola Cortellesi?), evidentemente il senso della grande avventura non è possibile trovarlo da nessuna parte.
Con questi standard è davvero impossibile farsi convincere.
Infine una chiusura sul ciglio della montagna, montata molto male e logisticamente senza nessun senso (personaggi che non è chiaro dove stiano, da dove saltino fuori e come facciano a fare quel che fanno), mette la pietra definitiva sul film.