La banda Baader Meinhof

Nascita e disfacimento delle Raf, le brigate rosse tedesche, che negli anni settanta scatenarono il terrore in Germania. Il candidato tedesco agli Oscar ha una notevole prima parte, poi non si mantiene sugli stessi livelli...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloLa banda Baader MeinhofRegiaUli EdelCastMartina Gedeck,  Moritz Bleibtreu, Johanna Wokalek, Bruno Ganz, Simon Licht, Jan Josef Liefers, Alexandra Maria Lara   
Uscita31 ottobre 2008 

Questo film mi ha fatto pensare a Romanzo criminale. Un'epopea su una banda di criminali (questi più 'politicizzati', ma sempre tali), che presenta profonde differenze qualitative tra la prima parte (notevole) e la seconda, decisamente meno interessante. Va detto che questo è un film decisamente superiore, proprio perché il calo non è così pronunciato come avveniva nella pellicola italiana. La ragione è che Uli Edel (lo storico regista di Christiana F. - Noi i ragazzi dello zoo di Berlino) fa molta attenzione a non divagare troppo su servizi segreti, stragi (magari di stato), P2 e quant'altro, prefendo concentrare la sua attenzione sulla Raf e magari sbagliando solo in certi frangenti.

Fin da subito, l'atteggiamento del realizzatore è molto intelligente. Non vediamo questi terroristi come delle rockstar o delle leggende, ma come delle persone decisamente poco equilibrate e spesso anche un po' stupide (basti pensare a come si fa catturare Baader per una bravata). Questo è espresso senza pistolotti moralistici, ma con tante scene efficaci, che ci mostrano la povertà morale di queste persone. Da una giornalista che propende per la lotta armata e che è disposta ad abbandonare i propri figli, alle differenze con i serissimi terroristi orientali, al cui cospetto questi tedeschi fanno la figura dei fichetti. Insomma, delle persone che inneggiano alla rivoluzione, ma che non riescono neanche a coordinarsi bene e ad andare d'accordo tra loro, con risultati ovvi.

Tutto questo, con una regia attenta e precisa, che non lesina in mezzi e momenti spettacolari per creare un clima di terrore (tante esplosizioni e anche scene complicate di massa), ma che riesce anche a mostrare dei piccoli tocchi molto intelligenti (il microfono senza nessuno dietro). In questo modo, chi non conosce bene la storia può seguirla senza grossi problemi e riuscendo a capire praticamente tutto, anche grazie a un ottimo utilizzo dei materiali d'archivio che descrivono quegli anni.

Il problema nella seconda parte è che il regista cerca di portare avanti la storia delle RAF, anche se cambiano i protagonisti. Se da un punto di vista storico la cosa è comprensibile, per quanto riguarda l'aspetto narrativo questo porta a un calo, perché all'improvviso ritroviamo dei personaggi che non avevamo più visto per oltre un'ora e che praticamente non conosciamo, con peraltro qualche stranezza inspiegabile (perché la terrorista rilasciata non viene seguita?). Il finale, anche se efficace, dà l'impressione che il regista non sapesse esattamente come chiudere una storia complessa. E non sarebbe stato male sviluppare maggiormente la figura del capo della polizia, che risulta fondamentale nella lotta al terrorismo. Anche perché, ti viene da pensare amaramente che, se Dalla Chiesa non fosse stato bloccato in Italia a metà degli anni settanta e avesse avuto i mezzi del suo corrispettivo tedesco, avremmo avuto molti meno lutti...

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