La bambina segreta, la recensione: un'ora e mezza per raccontare Teheran

La recensione di La bambina segreta, il secondo film di Ali Asgari al cinema dal 19 settembre.

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Può sembrare facile quello che fa Ali Asgari in La bambina segreta (2022), suo secondo film che arriva da noi sull’onda del successivo Kafka a Teheran e dei guai avuti con la giustizia del suo paese. Lo stile senza fronzoli e la fluidità della costruzione narrativa potrebbero far dimenticare che quella intrapresa dal regista iraniano è una piccola sfida drammaturgica, vinta brillantemente. La sfida di costruire un racconto esemplare, un documento della società iraniana contemporanea, dove in neanche un’ora e mezza viene compressa una quantità impressionante di informazioni su come funziona la vita a Teheran per le donne, per chi ha guai con la legge, per chi ha figli fuori dal matrimonio ecc. Ma che riesce a farlo con tono sobrio e realistico, evitando che il sovraccarico di dati e di incidenti di percorso che si abbattono su un unico personaggio faccia sembrare il film eccessivo, troppo artificioso e quindi depotenziato nella sua ricerca di verità.

Non per niente con Kafka a Teheran Asgari avrebbe poi scelto la strada dei racconti multipli, frammentando il discorso nelle esperienze di ben nove personaggi che si trovano a fare i conti con la polizia segreta, la burocrazia, la rigida cultura religiosa del regime. Ecco, la povera Feresteh di La bambina segreta (Sadaf Asgari, nipote di Ali) è come se subisse – e ci insegnasse - da sola quello che quei personaggi racconteranno coralmente nel film successivo. Tutto parte da lei, studentessa indipendente con bambina a carico, che deve nascondere la figlia “fino a domani” (titolo originale del film) perché nata da una relazione occasionale, di cui i suoi genitori, che verranno in visita per una notte, ignorano l’esistenza. Aiutata solo da un’amica, Feresteh ci conduce in una vera e propria odissea attraverso Teheran, dove la aspetta l’incontro col sistema di repressione e burocrazia infernale bersaglio di tutti i film di Asgari.

Come film didattico (qual’è) La bambina segreta ha il pregio di saper sempre trovare un equilibrio tra ciò che racconta in termini di contenuto informativo e come lo racconta in termini di effetto drammatico. La sceneggiatura è congegnata in modo da far rimbalzare Feresteh da una magagna all’altra del sistema iraniano: scopriamo quanto ristretti siano gli spazi di indipendenza delle donne (che non possono prenotare da sole una camera d’albergo, tantomeno avere un figlio da qualcuno che non è loro marito), vediamo gli abusi di cui sono capaci figure investite di autorità, sentiamo la tensione che comporta la presenza invisibile ma continuamente evocata della polizia. Tutto questo però non ha la pesantezza di una lezione a elenco: la scrittura di Alireza Khatami e dello stesso Asgari riesce a concatenare le disgrazie di Feresteh in modi costantemente plausibili e fluidi, aiutata da una regia essenziale che non carica più del necessario neanche i momenti più strazianti. E il punto è proprio questo – niente di ciò che vediamo è fuori dall’ordinario. Tutto è tristemente quotidiano.

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