L'ordine del tempo, la recensione | Festival di Venezia

L’ordine del tempo di filosofico o affascinante ha ben poco, mentre invece si perde lungamente sui piccoli problemi personali di personaggi borghesi autoriferiti, che vedono la minaccia cosmica come l'occasione per riflettere ancora una volta di più su loro stessi e non su ciò che li circonda.

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La recensione di L’ordine del tempo, presentato Fuori Concorso al Festival di Venezia 2023

A novant’anni di età, Liliana Cavani sente il bisogno di riflettere sul tempo. Erano vent’anni che non faceva un film (Il gioco di Ripley è del 2002) e con L’ordine del tempo torna a dirigere un dramma esistenzialista che con la scusa di una possibile fine del mondo a forma di asteroide vuole riflettere sul valore della vita, dell’amore, degli affetti. Tratto e liberamente romanzato dall’omonimo saggio del fisico e divulgatore Carlo Rovelli, L’ordine del tempo tuttavia di filosofico o affascinante ha purtroppo ben poco, mentre invece si perde lungamente - in modo ridondante e tristemente banale - sui piccoli e ininfluenti problemi personali di personaggi borghesi autoriferiti, che vedono la minaccia cosmica come l'occasione per riflettere ancora una volta di più loro stessi e non su ciò che li circonda.

Il film è totalmente ambientato in una villa sul mare dove Elsa (Claudia Gerini) ha invitato alcuni amici stretti (alcuni fisici, una giornalista, un banchiere, tutti alto/medio locati) per festeggiare i suoi cinquant’anni. Questo rituale celebrativo del tempo che scorre tuttavia si trasforma presto in un ritrovo psicanalitico quando l’amico e fisico Enrico (Edoardo Leo) rivela che c’è una probabilità su venti che un meteorite si schianti di lì a brevissimo sulla Terra. 

Da lì in poi L’ordine del tempo prova ad alternare momenti rivelatori a riflessioni generali sull’esistenza, ma poiché i personaggi sono così poco interessanti e i loro conflitti così prevedibili e insapori (gli amanti, i segreti coniugali, gli amori sempre desiderati e mai realizzati), la narrazione si fa fin da subito estenuante, eccessivamente lunga, e l’ambizione filosofica si perde tra discorsi privati di cui, per forza di cose, ci interessa ben poco. Ciò non va per niente a favore della possibilità di mettere su schermo lo spirito e la forza della saggistica di Rovelli, la cui specificità (e ciò che l’ha reso un caso editoriale) è proprio il saper veicolare con semplicità e magnificenza il fascino della fisica, il saper farne un discorso scientifico e insieme umano comprensibile a tutti.

Sulla carta, Liliana Cavani pone la possibilità di avere più punti di vista avendo personaggi con lavori o inclinazioni diverse, ma alla fine sembrano tutti una copia sbiadita dell’altro e alla fine tutto (per ognuno di loro) si riduce alla stessa idea ripetuta all’infinito di “abbiamo perso tempo”/“c’è troppo poco tempo”/“la vita è breve”. Lievemente si annida nel film l’idea dell’amore come forza cosmica maggiore, ma anche quel discorso è sconnesso, disordinato, mal posto.

Insomma, asteroide a parte, L’ordine del tempo è proprio un dramma borghese senza punti di interesse o di originalità. L’unica variante sul tema è che si attende il momento in cui improvvisamente tutto finirà: alla fine, ciò che porta davvero avanti il film, è il sadico desiderio spettatoriale di vedere come/quando/se tutto finirà davvero.

Siete d’accordo con la nostra recensione di L'ordine del tempo? Scrivetelo nei commenti!

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