L.A. Noire, l'immutato fascino dell'America anni '40 - Recensione

L.A. Noire ritorna, su Nintendo Switch, PlayStation 4 e Xbox One: la nostra recensione

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


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Ad una prima occhiata L.A. Noire potrebbe sembrare il classico videogioco invecchiato male, soprattutto perché oggi, nel bel mezzo dell'epoca in cui tutto è denso open world, quello del videogioco pubblicato da Rockstar Games è vuoto, quasi del tutto inutile ai fini dell'esperienza di gioco, perché le indagini del gioco potrebbero benissimo essere proposte secondo una struttura lineare e il giocatore non si vedrebbe privato di nemmeno una stilla di divertimento. Ecco, ad una prima occhiata, perché ad una seconda, permanendo comunque la scarsa rilevanza del mondo aperto, è invece produzione concettualmente moderna, sei anni fa impiegava soluzioni ludiche che viste oggi in un qualunque indie farebbero gridare al capolavoro della creatività un certo tipo di critica con la puzza sotto il naso.

L.A. Noire racconta un mondo e un'epoca affascinanti, la Los Angeles di fine anni '40, un'America che si sta lasciando rapidamente la Seconda Guerra Mondiale alle spalle e cerca nell'intrattenimento la spinta per farlo: la città della California è quindi il teatro perfetto per la messa in scena di questa ritrovata voglia di vivere, grazie ovviamente i film di Hollywood, a quel contorno di star più o meno grandi e di personaggi legati anche alla lontana a quel mondo. Abbiamo visto in Grand Theft Auto V quanto Rockstar si diverta a tratteggiarlo, lo si vede anche in L.A. Noire, che però in realtà si concentra altrove, sul lato oscuro della città degli angeli, sul crimine e sul vizio, come un'altra opera che racconta più o meno gli stessi anni ed è lì ambientata, il film L.A. Confidential.

[caption id="attachment_180346" align="aligncenter" width="1280"]L.A. Noire screenshot Los Angeles, 1947[/caption]

La Los Angeles degli anni '40 non è solo ambientazione ed estetica del tempo, è racconto non scritto, all'interno della quale sono collocate tante altre storie, ovvero i casi sui quali si ritrova a indagare il detective Cole Phelps, il protagonista del gioco. Eccola allora la funzione dell'open world, ininfluente dal punto di vista ludico, importante nella narrazione di un'epoca e di un luogo. Parlano gli edifici storici, i curati giardini delle case color pastello, i fili con il bucato steso ad asciugare, le strade non di asfalto ma di cemento. E' una storia non raccontata attraverso dialoghi e scene di intermazzo, ma che arriva al giocatore, è la fondamentale amalgama di quel tutto criminale, un po' canonico, uno po' bizzarro, che Phelps incontra procedendo nella sua carriera, da agente di strada a detective.

"L.A. Noire è un susseguirsi di casi, tutti credibili, ma non per questo tutti uguali, perché generati dai mille vizi dell'uomo"Per la varietà di situazioni il lavoro svolto allora dal Team Bondi va lodato ancor oggi. L.A. Noire è un susseguirsi di casi, tutti credibili, ma non per questo tutti uguali, perché generati dai mille vizi dell'uomo. E' il modo al quale Phelps vi si approccia che è praticamente sempre lo stesso: indagine sulla scena del crimine, interrogatori vari, soluzione. Ludicamente questa struttura si traduce con il giocatore che esplora il luogo del misfatto, raccoglie indizi, in maniera che il detective possa annotare sul taccuino quanto pensa possa servirgli; poi può esserci un testimone da interrogare, o lo spostamento in un altro luogo, per cercare altri indizi o per interrogare i sospettati. Quella dell'interrogatorio è la meccanica più stuzzicante: ad ogni affermazione dell'interlocutore si può assecondarlo, forzare la mano o accusarlo di qualcosa, presentando poi le prove. Fare la scelta giusta non dipende solo dalla fortuna, ma dal capire se nelle sue affermazioni o nel suo stato d'animo c'è qualcosa che non va, ascoltando attentamente quanto viene detto e osservandone le movenze.

[caption id="attachment_180347" align="aligncenter" width="1280"]L.A. Noire screenshot Le opzioni a disposizione del giocatore negli interrogatori[/caption]

Distinguere tra verità e bugia con l'intelletto e l'occhio funziona perché funzionano in L.A. Noire la scrittura e un particolare aspetto del comparto tecnico. Siamo di fronte ad un videogioco scritto benissimo, forse con standard persino più alti di quelli, già elevati, della serie GTA, tanto per rimanere in casa Rockstar; ad una produzione che allora nella rappresentazione dei volti era avanti di molto, oggi non è più così ma è ancora evidente la qualità del lavoro. Dove invece il gioco non funziona, sentendo tutti gli anni sul groppone, è nel sistema di controllo, estremamente legnoso, impreciso ai limiti dell'ingiocabile quando si è chiamati a tirar fuori la pistola, puntare è un martirio e le sparatorie risultano impacciatissime. Il lavoro svolto sul resto del comparto grafico non riesce a rendere attuale il gioco, non bastano texture più definite e effetti di luce migliorati, in particolare su Nintendo Switch ci sono grossissimi problemi di draw distance quando si guida, con case, oggetti e occasionalmente persino la strada che si sta percorrendo che vengono vengono caricati sotto gli occhi del giocatore.

L.A. Noire non era un capolavoro allora e non può esserlo oggi, anche alla luce di un adattamento grafico solo sufficiente, ma è produzione che nei suoi aspetti di forza è ancora validissima, forse il titolo meno universale di quelli pubblicati da Rockstar Games, sicuramente il meno immediato e giocabile in senso stretto, ma anche tra quelli di maggior fascino.

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