L'estate più calda, la recensione
Una strana tendenza a non raccontare i grandi sentimenti che muovono le azioni dei personaggi rende L'estate più calda difficile da capire
La recensione di L'estate più calda, uscito su Prime Video il 6 luglio
È la storia di triangoli, amori e attrazioni tra ragazzi in un paesino della Sicilia e tutto intorno a una parrocchia. La storia centrale è quella del bel diacono e della ragazza di cui si innamora (storia non trattata come ci si potrebbe immaginare con deferenza verso gli obblighi talari, anzi). Il resto gli orbita intorno senza verve, tutto sempre condito (proprio come si fa nelle fiction) con inserti che alleggeriscono, affidati principalmente a Nino Frassica. E tutto, dalle storie d’amore alla parte carnale, fino anche a quella umoristica, è a volume 2.
L’estate più calda, semplicemente, non regge. Non reggono i suoi attori, non regge la sua scrittura e non regge il montaggio generale. “L’ho fatto per noi! Perché era l’ultima cosa che potevamo fare insieme!” dirà un personaggio a un altro riguardo un atto sessuale, anche se fino a quel momento non abbiamo visto nessuna reale decisione da parte sua nel conquistarlo e in quel punto il tutto viene presentato come uno snodo cruciale per lei. La sensazione alla fine è quella di guardare un film a cui qualcuno ha sottratto delle scene fondamentali o in cui fossero inseriti tutti i ciak meno emotivi, scartando quelli più convinti e partecipati.