Klaus - I Segreti Del Natale, la recensione
Il cartone di Natale di Netflix è uno dei migliori su questo tema da decenni. Klaus - I Segreti Del Natale fonde Don Bluth, Disney e Pixar con un design unico
KLAUS - I SEGRETI DEL NATALE, DI SERGIO PABLOS: LA RECENSIONE
Sergio Pablos ha animato per Disney, ha scritto per la Illumination (Cattivissimo Me) ha fatto il character design per Rio. È un animatore, sceneggiatore e artista che finalmente con Netflix prende per le corna un progetto come regista, il classico film di Natale che rimescola le carte delle origini di Babbo Natale. Ma il dettaglio forte è che Klaus - I Segreti del Natale non la legge come l’origin story di un eroe, semmai come l’origine di una leggenda, qualcosa di vago che passa di bocca in bocca e che prende la forma e le caratteristiche che conosciamo oggi da piccoli dettagli indipendenti dalla volontà dei singoli. Perché ai cattivi non si porta niente? Perché avviene tutto in una notte? Perché bisogna scrivere una lettera?
A nascere davvero è però la stella di Sergio Pablos. La maniera in cui con Klaus - I Segreti Del Natale inventa un’animazione 2D in ambiente 3D, fondendo i volumi piatti dei personaggi (resi bombati da un sapiente uso delle ombre) con un tratto che è piacevolmente vittima del design Disney anni ‘60 e un character design che sembra ispirarsi al Don Bluth degli anni ‘90 (specie nei volti) dà vita a un ibrido fantastico. Se a questo poi si aggiunge il piacere cinico e cattivo nel dipingere i comprimari che pare uscito dai primi corti Pixar il risultato è uno dei cartoni di Natale forse più piacevoli di sempre. Sergio Pablos addirittura crea una palette di colori da indie game, in cui al gelo degli ambienti contrappone sempre una precisa tonalità del fuoco, una fiamma che direziona la luce per creare intimità con successo.
E per la prima volta una origin story del Natale dà un ruolo centrale ai fruitori finali.
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