Kingsman: Il Cerchio d'Oro, la recensione del film

Abbiamo recensito per voi Kingsman: Il Cerchio d'Oro, secondo film ispirato al fumetto di Millar e Gibbons

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Kingsman: Il Cerchio d'Oro è sostanzialmente un'opera di dissipazione delle risorse. Matthew Vaughn non è stato capace, in questo sequel, di capitalizzare le buonissime premesse che aveva posto con la prima pellicola, una sorpresa molto gradita sia agli appassionati di cinecomic che a quelli del buon Cinema che si prende poco sul serio.

Dopo un vero e proprio film di formazione, che vedeva il personaggio di Eggsy al centro di un'opera di scoperta del proprio potenziale e di crescita personale, il secondo film cambia saggiamente impianto narrativo, mettendo la Kingsman in quanto organizzazione sotto i riflettori. Lei, sull'orlo di una crisi potenzialmente distruttiva, e la sua omologa ed alleata americana, la Statesman, composta non da gentiluomini britannici e impettiti, ma da cowboy rudi e romantici del Kentucky. Stessa abilità di combattimento, stessa capacità di fare da caricatura delle proprie tradizioni e dei luoghi comuni che ci stanno attorno.

La missione? Fermare un altro piano di manipolazione delle masse, questa volta non incentrato sull'esplosione e il controllo della violenza indiscriminata, ma sul consumo di droga. Julianne Moore, la signora incontrastata dei narcotici, leader del famigerato Cerchio d'Oro e maniaca dell'estetica dell'America anni Cinquanta, ha in mente un ricatto su scala planetaria che starà ai nostri tentare di sventare.

Ci sarebbero diversi elementi interessanti da sfruttare: l'idea dell'organizzazione spionistica ridotta all'osso (come in diverse iterazioni di Mission: Impossible), il ritrovamento di un mentore perduto, la fiducia nell'omologo difficile da conquistare e da concedere. Ci sarebbero dei personaggi da riprendere, che hanno funzionato alla grande e hanno dato prova di interagire tra loro in maniera terribilmente funzionale. Ci sarebbe una nuova parodia da dare in pasto all'ilarità del pubblico, saltando l'Oceano Atlantico e concentrandosi sul contrasto fra lo stereotipo british e quello yankee. Ma tutto rimane in superficie, in Kingsman: Il Cerchio d'Oro, nulla ci trascina mai veramente dentro la storia come invece aveva fatto il primo capitolo.

Il punto di vista di Eggsy, così forte nel primo film, risulta indebolito dal bailamme di eventi che si inseguono durante il film, e di volti che compaiono uno dopo l'altro, spesso solo per scomparire altrettanto in fretta, senza che sia ben chiaro perché e con quale scopo. Vaughn non è stato in grado di mantenere il focus sui personaggi, le cui scelte e i cui destini risultano a volte poco chiari nell'economia della storia.

Il risultato è un giocattolone di intrattenimento con poca anima, se non nei momenti in cui riesce a farsi più spiccatamente caricaturale, come nella definizione dei contorni degli esageratissimi cattivi e nell'uso del personaggio decisamente più riuscito del film. C'è infatti un Elton John a interpretare se stesso che la sceneggiatura sfrutta intelligentemente in una doppia veste: macchietta divertentissima ed elemento attivo della vicenda. Ci ha strappato e vi strapperà le risate più godute della serata.

Per il resto, Kingsman: Il Cerchio d'Oro si lascia dimenticare. Peccato, perché rischia di lasciare nell'oblio anche i volti di Eggsy ed Harry a cui ci eravamo così affezionati a sorpresa pochi anni fa, al primo adattamento del fumetto di Mark Millar e Dave Gibbons. Speriamo in un nuovo capitolo con più idee e una scrittura più coesa, che sappia farci tornare l'entusiasmo. E speriamo di rivedere Channing Tatum ballare.

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