Kingdom Hearts III chiude il cerchio, estasia i fan, intriga i neofiti – Recensione

Dopo anni di attesa, finalmente la degna conclusione: la recensione di Kingdom Hearts III

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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La fretta. Un’impulsiva ed incontrollabile fretta di entrare nel vivo, innescare il primo colpo di scena, stravolgere lo stato dei fatti. Se proprio avessimo dovuto scommettere, avremmo puntato senza indugio su questo cavallo nella partita che avrebbe tentato di indovinare quale sarebbe stato il difetto che avrebbe maggiormente penalizzato l’attesissima produzione di Square Enix, figlia di una passione, divenuta in certi casi ossessione, che ha incentivato il publisher nipponico a prendersi tutta la calma del mondo, in attesa del momento migliore per chiudere un cerchio aperto nel lontanissimo 2002, anno dell’esordio della saga su PlayStation 2.

Tutto il contrario, invece. L’unica colpa imputabile a Kingdom Hearts III è di non saper dosare con maestria il ritmo della narrazione, di regolare malamente la comparsa e scomparsa di volti già noti, di scandire con scarsa precisione l’avvicendarsi degli eventi che conducono, una volta per tutte (?) alla (momentanea) conclusione della saga.

C’è troppa calma, troppa reticenza, troppi preamboli che annacquano il reale focus dell’avventura, nonché quel culmine atteso da fin troppo tempo: la Guerra dei Keyblade, ultimo atto di un’epopea che sin dalle premesse ha preannunciato e presupposto l’inevitabile conflitto.

[caption id="attachment_193256" align="aligncenter" width="1000"]Kingdom Hearts III screenshot Tra i mondi, e le storie, tirate in ballo in Kingdom Hearts III c’è anche quello di Hercules[/caption]

L’esplorazione dei mondi Disney, con il conseguente rimaneggiamento delle trame e degli intrecci dei Classici della casa cinematografica americana, è nuovamente in grado di ammaliare i fan della casa di Topolino, oltre che tutti coloro che non vedevano l’ora di vestire nuovamente i panni del prode Sora.

Non manca qualche passaggio a vuoto, certo, ma non è certo durante queste fasi che il meccanismo si ingolfa. La percezione che manchi qualche passaggio la si ha nella transizione da un mondo all’altro, slittamento operato tramite frettolose e superficiali cut-scene che tentano di mostrare i preparativi di entrambi gli schieramenti all’ormai prossimo scontro a viso aperto, sequenze che riescono nell’impresa di disorientare persino i videogiocatori più attenti, coloro che ben conoscono ogni rapporto che lega un personaggio all’altro."Sotto il profilo narrativo Kingdom Hearts III non può dirsi proprio riuscitissimo"

Inutile negarlo, del resto: nonostante i riassunti, i menù appositi e qualche flashback, i neofiti avranno ben poche chance di comprendere appieno la situazione senza affidarsi a qualche aiuto esterno. Su YouTube, per esempio, non è difficile imbattersi in recap più o meno approfonditi, e prolissi, praticamente imprescindibili per acquisire per lo meno la terminologia basilare con cui i personaggi si esprimono rifacendosi a concetti ben precisi.

Sotto il profilo narrativo, insomma, Kingdom Hearts III non può dirsi proprio riuscitissimo. Non aiuta quasi in alcun modo i neofiti ed annega i veterani in una sorta di prologo, che prologo non è, che perdura per la quasi totalità dell’avventura.

Si salva la parte finale, epilogo senza mezzi termini spettacolare, emozionante, drammatico come e più di quanto ci saremmo aspettati, autentico momento di catartica liberazione dopo l’eccessiva titubanza e riluttanza con cui si viene trascinati da un mondo all’altro senza essere aggiornati come si vorrebbe sull’operato di Topolino e compagnia bella.

Laddove il gioco fa tesoro del suo retaggio, accresciuto anche dai molti spin-off che negli anni hanno ulteriormente complicato la situazione, è sul fronte ludico, ambito in cui la produzione sfoggia un’universalità convincente, effettiva, innegabile.

Come se fosse un gioco di guida, Kingdom Hearts III permette letteralmente a chiunque, attivando o disattivando numerosi aiuti, di amalgamare l’esperienza più adatta alle proprie esigenze. Complice un livello di difficoltà standard tarato verso il basso, giovani e meno abili avranno la meglio in qualsiasi scontro affidandosi anche al solo button mashing.

Al contrario, a mano a mano che si esplora la profondità del gameplay messo a punto dagli sviluppatori di Square Enix, si scopre una lunghissima lista di abilità, poteri, bonus attivi e passivi in grado di influenzare la partita, l’approccio al nemico, il proprio stile di lotta. Ruotando attorno alla barra dei comandi, feature ripescata dal primissimo capitolo della saga, il combat system è in grado di regalare scontri sempre spettacolari, coinvolgenti, tanto più avvincenti, quanto più ci si spinge al limite, confrontandosi con avversari arcigni ed equipaggiati di tutto punto.

Non mancano nemmeno veri e propri minigiochi ad inspessire ulteriormente l’esperienza. Il più riuscito è senza alcun dubbio quello legato al Gummiship, navicella utile a Sora per spostarsi tra i mondi, protagonista di sezioni in pieno stile StarFox che, grazie a sfide da superare e punteggi da ottenere, può ritenersi un gioco nel gioco.

[caption id="attachment_193257" align="aligncenter" width="1000"]Kingdom Hearts III screenshot Non manca un’avveniristica fotocamera per spensierati e simpatici selfie[/caption]

Graficamente, pur non spingendo gli hardware dell’attuale generazione di console al limite delle proprie possibilità, soprattutto considerando PlayStation 4 Pro e Xbox One X, Kingdom Hearts III si avvale di un’ottima effettistica e di un art design che, grazie alla collaborazione con Disney, splende di luce propria.

La produzione Square Enix è un grande gioco, nonostante una trama che, visti i lunghissimi tempi di gestazione, avrebbe potuto essere meglio scritta. Alla fine dei conti, tuttavia, il cerchio si chiude, gli appassionati restano soddisfatti e ai neofiti potrebbe persino manifestarsi il desiderio di recuperare i capitoli passati, a caccia di risposte a quesiti innescati da un’avventura tutt’altro che autosufficiente.

Ci è mancato davvero poco al capolavoro. Eppure, anche solo per il fenomeno culturale che rappresenta, Kingdom Hearts III rappresenta un’avventura quasi imprescindibile, ennesimo titolo destinato, a modo suo, a segnare un’epoca.

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