Killing Eve 2x01, "Do you know how to dispose of a body?": la recensione

Il primo episodio della seconda stagione di Killing Eve conferma quanto di buono abbiamo apprezzato finora senza però aggiungere molto al cocktail

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Spoiler Alert
"A volte, quando si ama qualcuno, si finisce per fare cose folli." Un po' di follia in più, intesa come pepata imprevedibilità, non guasterebbe a Killing Eve che, con il suo ritorno sul piccolo schermo, conferma la presenza degli ingredienti che hanno fatto impazzire i fan di tutto il mondo senza, tuttavia, aggiungere nulla a quanto già conosciamo. Il gioco di gatto e topo che lega morbosamente le due protagoniste, l'agente dell'MI6 Eve (Sandra Oh) e l'assassina Oksana/Villanelle (Jodie Comer), è al riparo dall'usura dei propri reiterati meccanismi grazie alla grinta delle interpreti e all'immancabile vena ironica che attraversa Do you know how to dispose of a body? - questo il titolo del primo episodio di questa seconda stagione - senza far rimpiangere in alcun modo il primo, apprezzatissimo arco di episodi.

Nonostante il cambio di showrunner - la creatrice della serie Phoebe Waller-Bridge ha consegnato le redini al comico e scrittore Emerald Fennell - Killing Eve sembra infatti non rallentare, riportandoci al momento in cui la prima stagione si era interrotta. Eve è turbata e scossa dalle scelte che ha fatto nel finale - in primis, aver accoltellato Oksana dopo un confronto tra il tenero e il sensuale - e ignora se Villanelle sia viva o morta. La risposta, per noi spettatori, è chiara e ovvia, ma per Eve nulla è certo. Il nostro interesse non è smorzato da questa consapevolezza, e la seguiamo da vicino nello stress, nel tumulto e nella paura conseguenti al suo sanguinoso gesto.

Ben presto scopriamo come il rapporto tra Eve e il suo precedente datore di lavoro, Carolyn (Fiona Shaw), sia ben lungi dall'esser giunto a conclusione. Al rinnovato ingaggio della donna fa seguito un ennesimo contrasto col marito Niko (Owen McDonnell), bruscamente chiuso fuori dal frenetico, cruento universo in cui Eve ormai vive e opera per la stragrande maggioranza del suo tempo. Non potrebbe essere altrimenti, in una serie in cui l'interazione tra le parti femminili sembra quasi sempre esclusiva, oggetto degli sguardi curiosi o ossessivi di maschi incapaci di comprenderne appieno le misteriose dinamiche.

Il motore interno di questa première di stagione è, ancora una volta, l'attrazione che le due protagoniste provano l'una per l'altra - valida sia in chiave romantica che professionale - anche quando sono lontane, ed è appassionante vedere come questa relazione tossica infetti ogni altro legame. Da un lato abbiamo Villanelle che è convinta che questo sia amore, dall'altra Eve che è troppo spaventata per poter analizzare lucidamente ciò che prova. Pulsioni diverse ma ugualmente precarie, che danno luogo a momenti in cui entrambe perdono il controllo, per la gioia di noi spettatori.

Eve tenta invano di tornare alla normalità, nervosa ed emotivamente agitata come non mai, e continua a respingere i tentativi di Niko di avvicinarsi a lei. Villanelle, d'altra parte, non sembra essere poi tanto rancorosa nei confronti dell'avversaria, ma si comporta piuttosto come un cucciolo innamorato; un cucciolo psicopatico, certo, ma comunque preda della tenerezza di un sentimento apparentemente inestinguibile. Non importa che sia stata pugnalata e continua a svenire nell'ospedale in cui è ricoverata; Villanelle ha una sola missione in mente, ed è ricongiungersi a Eve, una donna che Villanelle crede di conoscere meglio di quanto ella stessa si conosca. È questo, a quanto emerge da questa puntata di Killing Eve, l'unico motore che muove la folle assassina.

Certo, i Dodici la stanno cercando in ogni dove, ma le sue azioni non sono minimamente influenzate da questa consapevolezza: è un' Oksana meno lucida e calcolatrice quella che vediamo in Do you know how to dispose of a body?, talvolta persino negligente nelle goffe azioni che compie in ospedale sotto gli occhi di troppi testimoni. Per quanto concerne l'uccisione del piccolo Gabriel, non ci sconvolge più di tanto; è questo il grosso limite di un ottimo episodio (e forse di tutta Killing Eve finora), incapace però di uscire dagli schemi imposti da un'ironia nera che, nella sua ripetitività, rischia di perdere smalto. C'è ancora tempo prima che questo avvincente inseguimento reciproco annoi lo spettatore, ma conoscendo il massimo potenziale della serie è legittimo pretendere di esserne sorpresi, anche qualora ciò dovesse significare la rinuncia a una gag di umorismo nero.

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