Killer Joe - la recensione

[Venezia 2011] William Friedkin rielabora generi e sottogeneri moderni a modo proprio, punta su Matthew McCounaghey e contro ogni previsione centra l'obiettivo in pieno...

Critico e giornalista cinematografico


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C'è un lavoro che Friedkin sa fare meglio di altri e che inKiller Joe emerge con maggiore forza rispetto al passato, ed è quello sui corpi degli attori. Tutti i suoi capolavori sono costellati di personaggi ai quali gli attori danno una fisicità non comune, che non si ritrova nelle loro interpretazioni successive o precedenti. Linda Blair è il caso più eclatante ma anche William Petersen, per non dire Gene Hackman, hanno subito il medesimio trattamento. Ed è attraverso questo lavoro sul movimento e sulla presenza, oltre che ovviamente sulla recitazione, che Friedkin dà corpo e dinamismo ai suoi film.

In Killer Joe la sfida è massima e il risultato alle altezze della folle impresa. Prendere un testo teatrale e farlo diventare un film che non sembra teatrale (l'aiuta Tracy Letts, autrice originale, che ha riscritto il film per il cinema), applicare il suo modo di procedere e il suo stile ad una scrittura che guarda a Quentin Tarantino e stimola uno svolgimento della storia che ricorda le clamorose avventure nel caos insensato del mondo che dipingono i Fratelli Coen, e infine fare tutto questo a partire da un personaggio spaventoso, cattivo e contemporaneamente grottesco, affidato a Matthew McCounaghey.

Proprio la spiazzante scelta di un attore il cui volto e il cui fisico sono notoriamente associati a tutt'altra tipologia di cinema, di ruoli e di serietà, è la cifra su cui si misura il successo e la spiazzante riuscita di un film che gode anche di altri fantastici interpreti (Emile Hirsch e Thomas Haden Church per dirne solo due) ma che in ultima analisi è su quel fisico palestrato, pulito, ordinato e falsamente rassicurante che poggia il suo senso.

L'avventura "tarantiniana" di Friedkin diventa subito personale e lascia la matrice d'ispirazione solo in superficie, perchè il regista cerca di utilizzare quello che di fatto è un sottogenere del noir, per trascinare lo spettatore nel medesimo abisso di sorpresa, deragliamento e paura (carnale e viscerale) che provano i protagonisti, sorpresi da Killer Joe tanto quanto noi lo siamo dal suo interprete Matthew McCounaghey.

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