Killer Joe - la recensione
[Venezia 2011] William Friedkin rielabora generi e sottogeneri moderni a modo proprio, punta su Matthew McCounaghey e contro ogni previsione centra l'obiettivo in pieno...
C'è un lavoro che Friedkin sa fare meglio di altri e che inKiller Joe emerge con maggiore forza rispetto al passato, ed è quello sui corpi degli attori. Tutti i suoi capolavori sono costellati di personaggi ai quali gli attori danno una fisicità non comune, che non si ritrova nelle loro interpretazioni successive o precedenti. Linda Blair è il caso più eclatante ma anche William Petersen, per non dire Gene Hackman, hanno subito il medesimio trattamento. Ed è attraverso questo lavoro sul movimento e sulla presenza, oltre che ovviamente sulla recitazione, che Friedkin dà corpo e dinamismo ai suoi film.
Proprio la spiazzante scelta di un attore il cui volto e il cui fisico sono notoriamente associati a tutt'altra tipologia di cinema, di ruoli e di serietà, è la cifra su cui si misura il successo e la spiazzante riuscita di un film che gode anche di altri fantastici interpreti (Emile Hirsch e Thomas Haden Church per dirne solo due) ma che in ultima analisi è su quel fisico palestrato, pulito, ordinato e falsamente rassicurante che poggia il suo senso.