Kidding 1x03, la recensione

La nostra recensione del terzo episodio di Kidding, la serie con Jim Carrey

Critico e giornalista cinematografico


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TV
C’è qualcosa di così amaro in questa serie da mezz’ora che conquista. Il formato principe della commedia in televisione al servizio di una serie fondata non sul genere drammatico, ma sul dramma come protagonista della storia.

Mr. Pickles vive una dissociazione che è unica nel panorama televisivo: quella di un uomo costretto ad essere lieto ma dilaniato da un dramma, uno che ha deciso di cambiare la sua figura pubblica contro l’interesse del network che poi è la sua famiglia!

In quest’episodio il titolo dice tutto: "Every pain needs a name", ogni dolore necessita di un nome e il montaggio incrociato tra mr. Pickles che nel suo programma, con il suo solito tono affabile e ottimo per i bambini, cerca di tramutare in contenuto da tv pubblica infantile questioni durissime, e una donna che viene più volte penetrata da dietro con un baffo di cocaina che lo guarda estasiata, con una luce negli occhi che indica un cambio di vita, è l’apertura migliore vista fino ad ora.

Con coerenza siamo ancora dalle parti delle figure meno associabili al programma di mr. Pickles conquistate dal suo carisma gentile, ma questo è un passo avanti.

Finalmente la serie sembra iniziare a guadagnare un po’ di trazione. La dissociazione del protagonista verso il sesso prende forma. Ha bisogno di una donna ma non voglia di sesso, il padre/padrone del network lo spinge a fare sesso con qualcuno per elaborare meglio il suo lutto e così andare avanti, dimenticare la famiglia distrutta che ha alle spalle, ma lui no. Troverà proprio questa donna cui ha cambiato la vita e l’esito dell’incontro (più il finale dell’episodio) sarà imprevedibile e a suo modo incredibile. Duro e dolce al tempo stesso.

In questa puntata almeno 3 personaggi vogliono fare sesso con lui (alcuni con Jeff proprio ma molti con mr. Pickles) ma la storia che più conta sembra essere un’altra, che si svolge fuori campo. Il dolore che ha bisogno di un nome indicato nel titolo stavolta non è il lutto (quello ce l’ha già un nome) ma quello provato dalla figlia della sorella (cioè la nipote) che nei primi episodi ha assistito al suo insegnante di piano che masturba il padre e teme che la sua famiglia si stia per separare. Non sa cosa sta provando, non sa dargli un nome né reagire. L’unica cosa che fa è urlare ogni qualvolta è tirata in ballo, ogni volta che qualcuno le chiede qualcosa.

Kidding è una serie che sempre più pare orientata sui dolori individuali, le elaborazioni e come ogni singolo personaggio si trovi ad avere “qualcosa dentro” (come dice in tv mr. Pickles) che va ascoltato e che è importante. E questa carrellata di personaggi che incarnano forme diverse di dolori che necessitano di essere processati, elaborati, compresi e metabolizzati compone un universo a tratti affascinante. Certo è un mondo grigio e, senza la direzione di Michel Gondry (al suo posto Jake Schreier), cala anche l’umorismo, ma ne guadagna l’introduzione in un mondo nuovo e unico.

Una sottotrama che spinge il network (cioè il padre di Jeff) a volerlo sostituire con un pupazzo e poi con un personaggio animato comincia poi a creare schieramenti. Chi è dalla sua parte (sua sorella) e lo vede come un essere umano che ha bisogno di “essere portato a pesca al lago. Lui ama il lago” e chi invece pensa allo show, la macchina da soldi che potrebbe essere e che è minacciata da questi cambi di tono, dai segmenti in cui parla di dolore ai bambini. Ora abbiamo un conflitto che vale la pena seguire!

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