Katla (prima stagione): la recensione
Prendendo molto da Les Revenants e Dark, Katla è una affascinante serie islandese a sfondo sovrannaturale
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La serie tv islandese Katla è la dimostrazione che, a quasi dieci anni dall'uscita, Les Revenants ha fatto scuola. Certo, nel frattempo è uscito anche Dark, che è sicuramente è presente tra le influenze di questo nuovo progetto approdato su Netflix. Nella commistione ideale tra quelle due serie tv, emerge un racconto provocatorio e forte nei riferimenti, che parla di morte e seconde occasioni. Luoghi lontanissimi, alieni di per sé, e comunità isolate nelle quali accade qualcosa di straordinario. Il confine tra sovrannaturale e fantascienza non ha più alcun senso qui, perché tutto ciò che conta è esplorare i drammi umani e le contraddizioni che si annidano nelle piccole comunità. Katla è una serie che, nonostante i molti punti di riferimento, riesce a parlare un linguaggio proprio.
Katla è il nome di un vulcano in Islanda, la cui lentissima eruzione mette in agitazione gli abitanti della cittadina di Vik. C'è chi studia il fenomeno da vicino, c'è chi prosegue con la propria vita e i propri problemi personali. Grima soffre ancora per la scomparsa della sorella Asa avvenuta un anno prima, e pensa di trasferirsi insieme al marito Kjartan. Suo padre Tor la spinge a trasferirsi a Reykjavík. C'è Gisli, che vive con la moglie malata Magnea, e poi ancora Darri, responsabile delle ricerche in laboratorio. Senza entrare nei dettagli, tutti loro verranno sconvolti dal ritorno di numerose figure delle loro vite che erano svanite, o che erano morte.Come è evidente da subito, la serie tv corteggia il fascino per una natura ostile e misteriosa, straordinaria e spaventosa. In Les Revenants il ritorno degli scomparsi coincideva con la diga che insisteva sulla cittadina. In Katla ci sono delle figure simili, coperte di cenere, che germogliano e si sollevano dalle terre vulcaniche, come frutti neri pronti a sconvolgere ogni convinzione. Ma c'è molto della serie tedesca Dark, nel modo in cui lo straordinario è raccontato come indecifrabile, caotico e oscuro. Non c'è nulla da capire qui, anche se la serie tv butta lì alcuni riferimenti sulla natura particolare del terreno e sul perché accade quel che accade. Ma non sarà così importante. Che siano zombie, fantasmi o cloni, questi ritornati hanno un senso solo rispetto alle reazioni dei loro conoscenti.
Come se tornassero per colmare un vuoto di consapevolezza a lungo negato dai protagonisti. Il passato ritorna e costringe inevitabilmente a confrontarsi con le decisioni passate, con traumi mai superati, con il senso di colpa. Il vulcano in questo senso è la forza primordiale che non conosce pietà, presenza opprimente perché lentissima, ma sempre sull'orlo dell'esplosione distruttiva. Baltasar Kormákur, regista e sceneggiatore, cambia genere dopo le incursioni thriller action americane dello scorso decennio (Everest, Cani sciolti, Contraband). Va da sé che il contenuto della storia ne definisce lo stile: lo show è lento (ma affascinante), cupo, tragico, riflessivo. Il ritmo si prende tutto il suo tempo per raccontare i personaggi, che spesso si lasceranno andare a reazioni molto esagerate, come se abbracciassero la pazzia che questi eventi portano con sé.Katla quindi è molto più vicino ai temi e ai ritmi della fantascienza filosofica sul modello di Solaris. Dove la spiegazione scientifica scivola nel rispetto quasi mistico per ciò che non può – e forse non deve – essere compreso.