Kao the Kangaroo, il ritorno di un’icona sconosciuta | Recensione

Kao the Kangaroo è quello che ti aspetti: un platform 3D costruito per gli amanti del genere nato nella seconda metà degli anni Novanta

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Ammettiamolo: in pochi di noi si ricordano di Kao the Kangaroo. Uscita nel 2000 su PC, Dreamcast e Game Boy Advance, quest’opera sviluppata da Tate Multimedia e Titus Interactive cavalcò l’onda di IP come Spyro e Crash Bandicoot. Si tratta di un titolo senza infamia e senza lode, capace di intrattenere gli appassionati dei platform in terza persona. Appassionati che, a gran voce, chiesero un seguito, arrivato poi nel 2003. La fame di questa specifica tipologia di gioco non si è mai davvero placata e, nonostante l’evoluzione del linguaggio videoludico, ha ancora una nutrita schiera di fan.

È per questo motivo che, a partire dal 27 maggio di quest’anno, è possibile trovare sugli scaffali digitali di PlayStation 4, PlayStation 5, Nintendo Switch, Xbox e PC il nuovo Kao the Kangaroo. Un titolo inedito, ambientato dopo gli eventi dei precedenti capitoli. Ma varrà la pena indossare i guanti da boxe e tornare a saltellare nella foresta?

UN’EPOCA DALLE POCHE PRETESE

Com’è lecito aspettarsi da un titolo intenzionato a ricalcare i platform di fine anni Novanta, la trama di Kao the Kangaroo non brilla particolarmente. È interessante notare come Tate Multimedia abbia però continuato a elaborare un preciso world building che, al termine di questo titolo, appare tanto semplice quanto chiaro. La storia vede il piccolo Kao partire per un viaggio alla ricerca della propria sorella scomparsa, Kaia. Nel mentre, dovrà scoprire cosa sia accaduto a suo padre e quale mistero si celi dietro gli oscuri guanti lasciatigli dal genitore. Visto? Nulla di trascendentale, ma perfetto per un pubblico cresciuto con i giochi dalle poche pretese narrative.

Il problema principale della scrittura di Kao è la gestione delle cut-scene e dei dialoghi con gli altri personaggi. Se gli scambi di battute ci sono anche piaciuti, lo stesso non si può dire della regia, piatta più di alcune produzioni risalenti proprio all’inizio degli anni Duemila. Il gioco può essere completato in circa quindici ore, ma se non foste interessati a spulciare ogni singola area alla ricerca dei collezionabili potreste riuscire a terminare l’avventura anche in meno tempo. Il nostro consiglio è comunque quello di farvi guidare dal ritmo di gioco, che incoraggia l’esplorazione sin dal primo livello.

Kao the Kangaroo

“IL SOLITO, GRAZIE!”

Pad alla mano, Kao the Kangaroo trasmette il medesimo feeling dei già citati Spyro e Crash Bandicoot di fine anni Novanta. Una sensazione che sa di vittoria per il team polacco, dato che è esattamente l’obiettivo che si erano prefissati. Vi troverete quindi a vagare per i vari livelli di gioco saltando di piattaforma in piattaforma e combattendo contro orde di avversari dai tratti buffi. Il tutto raccogliendo potenziamenti e oggetti di vario tipo, utili per migliorare le proprie statistiche e il proprio outfit.

I ragazzi di Tate Multimedia hanno evidentemente una gran voglia di rivivere il passato e, per questo, devono aver studiato alla perfezione i must have del genere. Se la gran parte delle meccaniche ludiche funzionano alla perfezione, è però evidente un’inferiore conoscenza del level design. Esplorare gli ambienti è divertente per quello che contengono le varie aree, ma non per il vero gusto di muovere il nostro protagonista all'interno del mondo digitale. Il livello di sfida presente nei grandi titoli appartenenti al genere dei platform 3D è inoltre molto lontano da quello che possiamo trovare in Kao the Kangaroo. Se avete paura di lanciare il joystick fuori dalla finestra come con Crash Bandicoot 4: It’s About Time, quindi, sappiate che qui troverete una difficoltà nettamente tarata al ribasso. Se questo sia un pregio o un difetto, però, lo lasciamo decidere a voi.

Il team polacco ha quindi fatto i compiti a casa, dando vita a un titolo che non possiamo certo definire brillante, ma che fa il suo dovere a testa alta. Con dignità. 

Kao the Kangaroo

SEMPLICE, MA SOLIDO

Esattamente come il resto della produzione, anche il comparto tecnico delle nuove gesta di Kao può definirsi “classico”. I modelli 3D dei personaggi ci sono piaciuti, anche se la legnosità delle animazioni non riescono spesso a valorizzarli. Nella media, invece, il lavoro svolto sulla concept art. I personaggi non brillano per design e anche i vari biomi che ci troveremo a esplorare non riescono mai davvero a stupire. Il risultato è quindi un’opera che, graficamente, potremmo definire senza infamia e senza lode. Esattamente come il comparto audio, che non è mai fastidioso, ma che viene dimenticato pochi istanti dopo aver spento la propria console.

Insomma: Kao the Kangaroo è il titolo perfetto per chi cerca un platform a tre dimensioni come si facevano in passato. Se è di questo che avete bisogno, l’ultimo sforzo di Tate Multimedia saprà senza dubbio conquistarvi. D’altro canto, se cercato un titolo dal sapore nuovo o in grado di sorprendere, forse dovreste volgere il vostro sguardo altrove. Quel che è certo è che il team di Varsavia ha sviluppato questo gioco con un chiaro obiettivo in mente. Obiettivo che possiamo ritenere assolutamente raggiunto.

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