Just the Two of Us, la recensione
Adattato dal romanzo L'Amour et les Forêts di Eric Reinhardt da Audrey Diwan e da Valérie Donzelli, qui anche alla regia, Just the Two of Us ha quel sapore fastidioso di un soggetto letterario adattato male per il cinema.
La recensione di Just the Two of Us di Valérie Donzelli, presentato a Cannes 76
La storia di Blanche (Virginie Efira) ci viene presentata dalla voce narrante del personaggio stesso, capiamo che quello che stiamo vedendo è un flashback di un presente a cui arriveremo a fine film. Blanche è già consapevole di quello che ha vissuto, ogni tanto lo commenta, ci dice quanto era illusa, cieca davanti ai fatti. Un espediente che in sé non sarebbe sbagliato, peccato che mentre vediamo scorrere la relazione tra i due dall’idillio iniziale all’incubo di abusi Valérie Donzelli non mette mai davvero in dubbio ciò che sappiamo dall’inizio e per cui siamo già d’accordo: Grégoire Lamoureux è un uomo spregevole.
Valérie Donzelli veste Just the Two of Us di un’estetica retrò, all’inizio si lancia in strani viraggi al rosso, montaggi veloci, pure in un momento musical (unico in tutto il film) ma tutto questo dopo la prima mezz’ora viene accantonato, non viene sviluppato né usato per aggiungere sostanza alla storia. Insomma uno sforzo che non sembra servire a niente se non a rendere il film un po’ più eccentrico e interessante nella forma di quanto non lo sia nel contenuto.
Melvil Poupaud con gli occhi spiritati e le battute ridicole che gli vengono affibbiate è semplicemente tremendo, insopportabile. Per fortuna che insopportabile deve essere anche il suo personaggio, e così una volta che ci si abitua a questo stato di cose il film scorre anche, ha una buona chiusura. Da dire, però, Just the Two of Us non ha niente di originale.
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